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San Clemente I, papa

Oggi - 23 novembre 2024 - sabato della XXXIII settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di San Clemente I, papa e martire. Clemens (Clemente), questo il suo nome in latino, noto anche come “Clemente Romano” per via delle sue origini, nacque a Roma nell'anno 30 circa, da genitori ebrei oriundi della Palestina romana, trascorrendo la giovinezza nella più fedele osservanza della religione israelitica. Quando San Pietro giunse nella capitale dell’Impero portandovi la parola del Vangelo, probabilmente tra il 39 e 42 circa, Clemente rimase affascinato dal messaggio che l’apostolo proclamava, che ebbe modo di ascoltare più volte. Così, ancora ragazzo, divenne uno tra i primi discepoli dell’apostolo, distinguendosi subito per fede, fedeltà e integrità di costumi, tanto che Pietro lo consacrò presto sacerdote. Nel 64 o 67, dopo il martirio nell’Urbe del “Principe degli apostoli”, la locale comunità cristiana l’avrebbe voluto come suo successore, ma egli, ritenendosi umilmente indegno, favorì l'elezione prima di Lino (secondo pontefice della Chiesa, dal 67 al 76/79 circa) e poi di Cleto (terzo papa, dall’80 al 92), che sarà in seguito proclamato santo. Nel 92, quando anche quest’ultimo fu martirizzato, Clemente finì per cedere alle congiunte insistenze di clero e popolo e, per il bene della Chiesa, allo scopo di non abbandonare i fedeli a sé stessi, accettò l'onerosa carica. Durante il suo pontificato, che durò circa nove anni sotto i regni degli imperatori Domiziano (dall’81 al 96), Nerva (dal 96 al 98) e Traiano (dal 98 al 117), si dimostrò pastore zelantissimo, oratore, scrittore, profondo conoscitore della Sacra Scrittura, dei testi ebraici e di quelli non canonici. A lui si devono le preziose cronache concernenti tanti gloriosi martiri, avendo egli ordinato a sette notai di raccoglierle in forma scritta. Il posto di Clemente è grande nella Chiesa, che lo venera come uno dei “Padri apostolici”, menzionandolo anche nella I preghiera eucaristica del Canone Romano, che oggi è la prima e più importante delle quattro orazioni riportate nel messale. Molto importante è la lettera da lui indirizzata alla comunità cristiana di Corinto (città della Grecia continentale, nella penisola del Peloponneso), al fine di ristabilirvi la concordia degli animi, dopo che i sacerdoti locali erano stati destituiti arbitrariamente da giovani turbolenti. La missiva fu scritta in prima persona, ma, al contempo, come voce della Chiesa di Roma, cioè universale, cosciente della sua autorità e responsabilità quale successore di Pietro. Essa ricorda l’origine divina dell’autorità ecclesiastica e le norme per la successione apostolica. Condanna apertamente l’espulsione dei presbiteri di Corinto e disegna un’immagine dell’intera comunità cristiana come modello di fraternità, rammentando anche con serenità e umiltà il dovere dell’obbedienza a chi governa. La lettera accenna altresì alla gloriosa morte per Cristo degli apostoli Pietro e Paolo e dei protomartiri romani durante la persecuzione dell’imperatore Nerone (dal 54 al 68), all’autorità dei vescovi sui fedeli e al primato della Chiesa di Roma sulle altre. L’epistola, infatti, sarà anche definita “Epifanìa (cioè “manifestazione”) del primato romano”. Un documento importantissimo, dunque, che si diffuse in tutta la cristianità antica, restando attuale e valido in ogni tempo. Nonostante il costante rischio delle persecuzioni, fu un papa missionario, apertamente alla ricerca di anime da convertire. La sua attività d’intenso proselitismo, alla fine, non sfuggì alle autorità. L’Imperatore Traiano (dal 98 al 117) lo voleva indurre al silenzio minacciandolo di morte, ma egli non si spaventò, anzi, avendo sempre presente il sublime esempio degli apostoli gloriosi Pietro e Paolo, lavorava con tutto lo slancio per guadagnare anime a Cristo. Così, verosimilmente nel 98, dopo la minaccia, vennero l’arresto e la condanna ai lavori forzati nel lontano Chersoneso, territorio ubicato nella fascia marittima della penisola di Crimea sul mar Nero. In quelle lontane cave di pietra, dove si doveva lavorare duramente dall’alba al tramonto, trovò tanti cristiani che, per la comune causa e per non aver voluto abiurare la fede, avevano subìto la stessa condanna. Duemila e più seguaci di Gesù Cristo, sotto la sferza degli aguzzini, privi di tutto, persino di un po' d’acqua con cui bagnare le arse labbra, soggiacevano ai più tormentosi e duri lavori. Il risultato era una precoce morte per sfinimento psicofisico. Un giorno, tuttavia, dopo che il cuore del pastore della Cristianità, straziato dal dolore per i tanti fratelli compagni di sventura, aveva innalzato fidente la sua preghiera a Dio, un Angelo apparve su un vicino colle, indicandogli il punto dove avrebbe dovuto scavare per trovare acqua. Lui e altri cominciarono immediatamente a farlo, nel preciso punto indicato, e subito sgorgò miracolosamente una falda d’acqua pura e freschissima, con la quale tutti poterono dissetarsi. Alla vista del prodigio avvenuto per sua intercessione, numerosi pagani, anche guardiani, si convertirono e abbracciarono la religione cristiana. Poco si sa degli ultimi anni di Clemente. Sulla data della morte le diverse fonti sembrano propendere per il periodo compreso tra gli anni 99 e 101, mentre è generalmente accettato che il suo successore Evaristo (dal 98 circa al 105/106 circa), che diventerà anch’egli santo, abbia preso il suo posto come papa orientativamente nel 98. In tal caso si tratterebbe del primo pontefice nominato mentre un altro era ancora in vita (per cause di forza maggiore, al fine di non lasciare senza guida la Chiesa). Secondo una tradizione del IV secolo, Clemente sarebbe stato affogato con un’ancora appesa al collo nel mare antistante l’antica città di Cherson (odierna Sebastopoli), che dava il nome al predetto territorio del Chersoneso suo luogo d’esilio. Le sue reliquie, portate a Roma dai santi fratelli Cirillo e Metodio, riposano tuttora nella Basilica eretta in suo onore, che sorge tra il colle Esquilino e quello del Celio.
IMMAGINE: "Visione di San Clemente I, papa" anche detto "Una visione della Trinità", olio su tela dipinto, tra il 1730 ed il 1735 circa, dal pittore e incisore veneziano Giambattista Tiepolo (1696-1770). L'opera si trova attualmente presso la National Gallery di Londra (Inghilterra).
Roberto Moggi
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