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Addó trase ’a capa, trase ’a coda

Chi si intromette in una famiglia, con sotterfugi vari, facendo danni e cattiverie.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci presenta oggi il proverbio, una figura che meno si frequenta e meglio è, e né è il caso di accoglierla in famiglia o nell'ambiente frequentato, il cosiddetto seminatore di zizzania.
Un attributo rivolto a chi semina discordia in ogni ambiente in cui si trova, come leggiamo nel vangelo, con Gesù che ne fornisce la spiegazione ai discepoli, che ne hanno fatto esplicita richiesta: "Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del diavolo, e il nemico che l'ha seminata è il diavolo."
Chi semina raccoglie, si usa dire e il raccolto dipende da ciò che si è seminato, con chi sempre volto al bene, cerca di farlo godere a tutte le persone che frequenta, come se seminasse un campo di buon seme, mentre chi è preda di sentimenti malefici di rabbia, di odio e di rancore, fa di tutto per spargere tali stati d'animo in tutti i contesti nei quali si intromette, così che la metafora del seminatore offre la visuale di un campo infestato di malerbe.
Nella Divina Commedia del sommo poeta che fu Dante Alighieri, ai nostri tempi contestato per aver collocato tra i seminatori di discordia il profeta autore del Corano, leggiamo come essi sono i dannati della IX Bolgia dell'VIII Cerchio, la cui pena è mostrata da Dante nel Canto ventottesimo dell'Inferno: sono orrendamente mutilati da un diavolo armato di spada, che li fa a pezzi come essi hanno creato ad arte lacerazioni in campo politico, religioso, sociale; prima che siano tornati davanti al demone avendo compiuto un giro completo della Bolgia, le ferite si sono rimarginate.
Una contestazione, quella fatta al grande Alighieri, da parte di elementi del tutto alieni dalla nostra cultura e le nostre tradizioni, che ci ritroviamo tra i co... con la rima che ci ispira a completare la parola e il desiderio che certi stranieri in ogni senso, per nazione, cultura, tradizione e anche religione., se ne stiano a casa propria, per il pericolo, che ritengo preso troppo sottogamba, di destabilizzazione che una loro enclave può far sorgere, riuscendo a far aumentare la discordia che purtroppo già c'è tra di noi, tra un "accogliamo tutti", con l'accettare gente che reputa le nostre credenze e i nostri costumi come tradizioni osservate da infedeli, e un "impediamo l'accesso a chiunque", negando l'ospitalità a rifugiati e perseguitati.
Come scrisse a suo tempo François-Marie Arouet , che si firmava con lo pseudonimo di Voltaire:
"Il mondo è un grande tempio dedicato alla Discordia."
Aggiungendo:
"La discordia è il male più grande del genere umano, e la tolleranza ne è il solo rimedio."
Un rimedio, quello del tollerare, che può risolversi in un misero e lieve palliativo, se non si osteggiano con tutte le proprie forze i creatori di dissidi e di conflitti, sempre intenti a creare scenari nei quali solo loro si sentono a loro agio, per il perverso piacere che ne provano, rispetto ai tanti che desiderano solo la pace e la concordia.
Una locuzione più che famosa per ricordare la discordia, è espressa con:
"Divide et impera"
Secondo cui, un'autorità può più efficacemente controllare e governare un popolo con il dividerlo in più parti, provocando rivalità e fomentando discordie al suo interno, come fu espresso per la prima volta, per descrivere una tecnica sociopolitica romana.
Un fenomeno, quello della discordia, che caratterizza la nostra società, con più fazioni che si insultano e si guardano in cagnesco, con tutto il beneficio che ne traggono i politicanti, e che continuerà finché il popolo non si convincerà che l'unico, anche se purtroppo ancora utopico rimedio, è quello di unirsi in una sola compagine, per esigere la soddisfazione del diritto uguale per tutti, di partecipare al benessere che una società come la nostra sarebbe più che in grado di elargire.
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