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’A briscola se jòca cu ’e denare

’A briscola se jòca cu ’e denare.
Come nei giochi di carte, anche negli affari, occorre denaro contante.
Si può giocare a carte per diletto, ma se si gioca scommettendo del denaro, si equipara il gioco a qualsiasi altra transazione d'affari in cui la prestazione nel fornire beni, o il proprio lavoro, determinano una controprestazione rappresentata dal denaro. E non solo, ma mentre negli affari, gli accordi tra le parti possono contemplare una dilazione più o meno lunga, in base alla fiducia che si ha verso il pagatore, per la sua solvibilità, riguardo ai pagamenti, nel gioco delle carte, il denaro contante diventa una condizione imprescindibile, una legge non scritta derivata dal costume, che obbliga il perdente ad assolvere i propri debiti all'istante.
Come c'è il cattivo affarista, che manda a carte 48 qualsiasi impresa finanziaria in cui si impegna, c'è chi, oltre al vizio del gioco, è anche un perdente nato, che ridotto spesso a non aver più contante, ha dilapidato fortune, stilando sul tavolo da gioco contratti rappresentati dalla cessione dei suoi beni.
Riguardo al credito che non è concesso, sia nel gioco che in altri scambi commerciali, ricordiamo un altro detto che a suo tempo ci è stato presentato:
"Ccà ’e ppezze e ccà ’o ssapone."
Cioè non si fa credito. Locuzione usata anticamente da ’o sapunaro venditore ambulante, che girava tra i vicoli di Napoli barattando sapone in cambio di abiti usati.
Come ogni contratto contempla una prestazione e una controprestazione, in cui la seconda è di solito rappresentata dal denaro, a pronto pagamento o a dilazione, il proverbio ricorda come sia più prudente non far credito, per non correre il rischio di restare delusi e non pagati, con l'esempio di un'antica attività, rappresentata dallo scambio di abiti usati col sapone, in un regime di baratto che non ammetteva alcuna dilazione per ognuno dei due beni.
In alcuni locali commerciali, troneggia un cartello affisso alla parete, che recita: "Per colpa di qualcuno, non si fa più credito a nessuno".
Per quanto può essere facile concedere un credito a qualcuno, il difficile sta nel farselo pagare, specialmente se il dovuto non è al sicuro con un'ipoteca di un bene, che sarà trattenuto in caso di mancato pagamento, come interviene a recitare un altro detto: “Chi fa credenza senza pegno, perde l'amico, la roba e l'ingegno.” che al Verga è attribuito.
E in tale scenario, un altro proverbio, tra quelli esaminati, rincara la questione:
"O malo pavatore va ascianno ’a scusa."
Ogni scusa è buona per chi non vuol pagare.
Riguardo a una figura che si pone in malo modo, nei rapporti caratterizzati da prestazioni che diano luogo alle dovute controprestazioni, in questo caso poco rispettate da chi è tenuto alla corresponsione del dovuto.
Ci sono dei virtuosi che in qualsiasi rapporto, che sia rappresentato dal gioco, o dagli affari, tendono a dilazionare il pagamento a babbo morto, come si usa dire, ovvero mai e non sarebbe male una firmetta su qualche cambiale, rispondendo candidamente "NO", alla stupefatta esclamazione "Ma come, non ti fidi?"
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