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San Giorgio martire

Oggi - 23 aprile 2024 - martedì della IV settimana di Pasqua, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di San Giorgio, martire. Di Georgius (Giorgio), questo il suo nome in latino, si hanno pochissime notizie ad eccezione del martirio, provenienti per lo più dal “Passio Georgii” (“Passione di Giorgio”), scarsamente attendibile poiché ampliato nel corso dei secoli e classificato, dal “Decretum Gelasianum” (“Decreto Gelasiano”) del 496, quale opera apocrifa. Alla luce di questo, si può desumere che Giorgio nacque attorno alla seconda metà del 200, nella Provincia Imperiale Romana di Cappadocia (oggi nella parte centrale della Turchia asiatica, corrispondente alla Penisola Anatolica), dai genitori Geronzio, di origine persiana, e Policronia, cappadoce, probabilmente entrambi cristiani. Ebbe un’eccellente educazione, che gli aprì le strade verso le più alte cariche pubbliche, ma lui, a un certo punto, decise di intraprendere la carriera militare e si arruolò nell’esercito imperiale, venendo destinato a un reparto di stanza a Lydda (detta anche Diospoli o Lidda), nella Provincia Romana di Palestina (oggi Lod, presso Jaffa-Tel Aviv, in Israele). Esiste, tuttavia, una versione leggermente diversa, nella quale Giorgio sarebbe nato verso il 280 proprio a Lydda, dove in seguito entrò nelle forze armate. In ogni caso, la sua carriera militare fu esemplare e celere, tanto che divenne tribuno militare e ufficiale della guarnigione di stanza in Palestina. Nella sede di servizio, presto cominciò a frequentare la locale comunità cristiana e, a seguito di un profondo e travagliato discernimento spirituale, decise di donare ai poveri tutti i suoi averi. Il suo amore per Gesù fu radicale e la sua condotta di vita esemplare, ricevendo anche il dono della profezia, così da acquisire la chiara consapevolezza dei tormenti che avrebbe dovuto sopportare per amore di Cristo, nel corso dei sette anni a venire. Infatti, durante la persecuzione scatenata contro i cristiani dall’imperatore Diocleziano (284-305), così come egli aveva prodigiosamente saputo, fu arrestato e torturato più volte, superando sofferenze durate proprio sette anni, durante i quali rimase sempre saldo nella fede e fedele a Gesù. Solo alla fine di quel lungo periodo subì il martirio, venendo decapitato, secondo il primo passio, nella stessa Lydda, sul luogo in cui esiste ancora oggi un sepolcro e sorse un santuario già nel IV secolo. Secondo l’altra versione, invece, l’esecuzione sarebbe avvenuta a Nicomedia, città della Provincia Romana del Ponto, sempre in Anatolia (oggi İzmit, nella Turchia asiatica). Anche sull'anno del supplizio ci sono divergenze secondo le fonti. La principale lo fissa nel 284, altre la retrocedono tra il 249 e il 251, altre ancora la posticipano al 303. Il corpo di Giorgio sarebbe stato recuperato da alcuni ardimentosi cristiani e sepolto in Lydda. Ancora oggi è presente in Lod (Israele) la sua tomba, all’interno di una chiesa a lui dedicata. Sotto il pontificato di Papa Zaccaria (dal 741 al 752), nella Basilica Lateranense dell’Urbe ne fu ritrovato il cranio, probabilmente anticamente trasportato in Italia. Il Pontefice lo fece trasportare nella basilica romana di San Giorgio in Velabro con una solenne processione. L’insigne resto, racchiuso in un busto d’argento, fu però poi custodito anche a San Pietro in Vaticano. Il 16 gennaio 1408 fu trasferito nuovamente a San Giorgio in Velabro, dove ancora è visibile il cofanetto-reliquiario presso l’altare maggiore. Nel 1600, una parte della reliquia fu donata alla città di Ferrara (oggi capoluogo dell’omonima provincia della regione Emilia-Romagna). Solo parecchi secoli dopo, al tempo delle Crociate (dal 1095 al 1272), nacque e si diffuse la leggenda di San Giorgio che affronta e uccide un drago per liberare una ragazza, da quest’ultimo tenuta prigioniera. Questo mitizzato racconto scaturì, probabilmente, all'errata interpretazione di un’immagine dell'imperatore Costantino, poi andata perduta, un quadro o un affresco che si trovava allora a Costantinopoli, raffigurante l’imperatore mentre affrontava e sconfiggeva un demone. La fantasia popolare facilmente “ricamò” sopra tutto ciò, e il racconto, passando per l'Egitto, dove Giorgio fu molto venerato ed ebbe dedicate molte chiese e monasteri, divenne una leggenda affascinante. Probabilmente, la diffusione del racconto di San Giorgio e il drago, nato all’ombra delle piramidi, fu ulteriormente facilitata anche da una scena riprodotta su un altro quadro (di cui un esemplare si trova tuttora al museo parigino del Louvre, Francia), raffigurante il dio Horu purificatore del Nilo, nelle sembianze di cavaliere dalla testa di falco in uniforme romana, in atto di trafiggere un coccodrillo tra le zampe del cavallo da lui montato. 
Roberto Moggi
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