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220113 - A proposito dell'alimentazione vegetariana

TCNCH 220113
L'alimentazione, con le abitudini, oppure le scelte tra quella onnivora e quella vegetariana, rappresenta un problema complesso.
Le abitudini alimentari odierne derivano dalle tradizioni del passato. Nel medio evo, potersi rifocillare con abbondante carne, rappresentava addirittura uno status symbol riservato ai detentori del potere e, d'appresso, alla nascente borghesia.
Le relazioni storiche ci lasciano stupiti dell'abbondanza alimentare di cui godevano i conventi, tanto che alcuni novizi vi erano attirati più per poter mangiare a volontà, che per una vita spirituale.
A proposito di tradizioni nelle quali ha influito la religione, i musulmani si astengono dalla carne di maiale, mentre gli indiani da quella bovina, nutrendosi però di pollame e agnelli.
La dieta vegetariana sta assumendo sempre più rilievo negli ultimi anni e mentre all’inizio, era solo un fenomeno d’élite, adesso sono sempre più le persone che decidono di variare la loro alimentazione, in nome di una scelta etica. In realtà, nonostante la maggior parte delle persone sia convinta del contrario, il vegetarianismo non è nato nel secolo scorso, ma le sue origini si perdono nel tempo.
Nel 580 a.C. il matematico Pitagora riteneva che uccidere gli animali per procacciarsi il cibo, fosse quasi disumano e molti dei suoi allievi seguirono il suo esempio.
Leonardo Da Vinci fu un grande sostenitore della dieta vegetariana al punto da manifestare più volte pubblicamente il suo pensiero.
Confucio era vegetariano e lui suggerì l’uso delle bacchette, perché riteneva i coltelli troppo violenti rovinando l’armonia a tavola.
Altro personaggio di spicco fu Marco Aurelio il cui motto era: “Vivere conformemente alla natura”.
Seneca poi,(4 a.C. – 65 d.C.) che avvicinandosi al pitagorismo, apprese l’insegnamento del non mangiare carne. In realtà Pitagora affermava che mangiare un animale significasse uccidere l’anima di un uomo incarnato. Quinto Sestio (insegnante di Seneca e anch’esso vegetariano) insegnò ai suoi discepoli che non mangiare carne significava astenersi a compiere un delitto e seguendo un regime alimentare improntato alla sobrietà.
Ricordiamo poi Tommaso d’Aquino, Pio V, Santa Teresa d’Avila, Giovanni Battista, San Giacomo, San Pietro (egli diventò vegetariano dopo l’incontro con Gesù).
Altri vegetariani famosi sono stati Pascal, il Mahatma Gandhi (Va da sé), Benjamin Franklin, Kafka, Nietzsche, Van Gogh, Clinton, Darwin,
Alcuni filosofi greci, come Aristotele, avevano invece una concezione distorta degli animali: li paragonavano agli schiavi per cui la loro esistenza era finalizzata unicamente al bene dell’uomo. Questo pensiero fu sviluppato anche dalla religione cristiana e dai suoi fedeli, convinti che gli animali fossero utili alla sopravvivenza delle persone.
È da notare come nei momenti bui, caratterizzati da carestie e malattie (pensiamo al Medioevo), la dieta vegetariana venisse accantonata in nome della sopravvivenza.
Nell'epoca attuale sta sorgendo sempre di più la sensibilità e il rispetto verso gli animali, che potremmo assumere come l'acquisizione di una maggiore civiltà.
Ma come si potrebbero indurre al vegetarianismo o addirittura al veganismo gli Inuit dell'artico, le popolazioni nomadi della Mongolia, i Lapponi o semplicemente gli abitanti delle nostre zone montagnose, dove l'economia è caratterizzata dalla pastorizia o dall'allevamento dei bovini e la coltivazione di ortaggi, se non è del tutto impossibile, lo è per un periodo brevissimo dell'anno, del tutto insoddisfacente per il normale fabbisogno alimentare?
rm
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