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San Saba, Archimandrita

Oggi - 5 dicembre 2024 - giovedì della I settimana del tempo d’Avvento, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Saba, indicato comunemente con la specificazione “Archimandrita” (superiore di un monastero o di una congregazione nelle Chiese cristiane orientali, sia ortodosse che greco-cattoliche e di tradizione bizantina) o anche “Anacoreta” (eremita dedito alla contemplazione e alle pratiche ascetiche), abate. Sabas o Sabbas (Saba in latino e italiano), questo il suo nome greco-bizantino traslitterato nel nostro alfabeto, nacque nel 439 circa a Mutalasca, sobborgo di Cesarea di Cappadocia, nell’omonima regione centro-orientale dell’Anatolia, parte dell’Impero Romano d’Oriente (oggi Kayseri, nella Turchia asiatica). La sua era una famiglia cristiana di cultura bizantina tra le più illustri della zona, che lo educò evangelicamente e, a otto anni, per farlo convenientemente istruire, lo introdusse nello studentato del monastero basiliano di Flavianae, nella stessa Cesarea, i cui monaci si ispiravano alla regola di San Basilio (330-379). Si distinse negli studi e maturò presto il desiderio di farsi anch’egli monaco, scontrandosi con i suoi congiunti, che invece avrebbero voluto avviarlo alla carriera militare, al punto che, a seguito delle pressioni familiari, sentì la necessità di allontanarsi dalla famiglia. Pertanto, verso il 457, quando aveva circa diciotto anni, col permesso del superiore del monastero andò pellegrino a Gerusalemme, per venerare i luoghi santificati dal Signore. In Terra Santa fece sempre sosta presso i vari religiosi che incontrava, sia quelli dediti alla vita comunitaria, nei loro conventi, sia gli anacoreti, nelle loro povere grotte o capanne solitarie. Sul posto, più tardi, incontrò quella che per lui sarebbe diventata una guida decisiva, nella persona del monaco e futuro santo Eutimio detto “Il Grande” (377-473), che aveva convertito molti arabi nomadi e che, in passato, era stato consigliere spirituale dell’imperatrice Eudossia, moglie dell’imperatore romano d’oriente Teodosio II (dal 408 al 450). Si pose volentieri sotto la guida di Eutimio, divenendone fedele discepolo, curandolo e accudendolo come un padre e condividendone la vita eremitica nei luoghi meno accoglienti e più isolati, dal deserto della Giordania fino alla regione del Mar Morto. S’intrattenne nel deserto fino alla scomparsa per malattia dell’autorevole maestro, nel 473. Una volta solo, Saba, ormai molto noto e stimato in tutta la regione, cui tanti si rivolgevano per vivere in comunione fraterna, si portò in una brulla steppa disabitata vicino al fiume Giordano, detta “Deserto di Giuda”, conducendovi una dura vita ascetica molto isolata, fino a quando si trasferì verso Gerusalemme, in una grotta nel Vallone del Cedron. Ma il Signore dispose che egli dovesse cooperare alla salute spirituale degli altri e, a questo scopo, fece si che molte persone si unissero a lui, attratte dal suo carisma, vivendo in comunione e servendo Dio sotto la sua saggia guida, come facevano i monaci consacrati. In questo inospitale vallone, col tempo, si formò intorno alla sua persona una vera e propria aggregazione monastica, di un tipo allora frequente in Terra Santa, la cosiddetta “Laura” o “Lavra” (in greco traslitterato nell’alfabeto latino: "cammino stretto" o "gola"), la quale, nella cristianità ortodossa e orientale, assunse il significato di “insediamento monastico di dimensioni ridotte”, indicante in origine un agglomerato di celle o di grotte di singoli monaci, con una chiesa e, alle volte, un refettorio nel mezzo. L’insediamento guidato da Saba era una novità, un misto di solitudine e comunità, dove i frati vivevano isolati per cinque giorni della settimana, riunendosi poi il sabato e la domenica per la celebrazione eucaristica in comune. Essi vivevano sotto la sua guida e, da gennaio fino alla Domenica delle Palme, sperimentavano la solitudine totale. Questa soluzione parve soddisfare molto le anime alla ricerca di Dio, tanto che, in quella regione desertica, i monaci che si unirono a lui raggiunsero il numero di ben 150. In seguito, nuovi “villaggi di monaci” (Laure) nacquero anche in altre parti della Palestina, imitando il primo, che, essendo il più grande, prese il nome di “Grande laura”. Nel 492, sulla scia di quest’abbondante crescita religiosa e della sua fama di santità, il patriarca di Gerusalemme, Sallustio (dal 486 al 494), lo consacrò suo malgrado sacerdote e più volte lo inviò a Costantinopoli (capitale dell’Impero Romano d’Oriente), quale legato, per affari delicatissimi della locale Chiesa. Nella Capitale dell’Impero, lottò strenuamente per la disciplina e la difesa della dottrina sulle due nature del Cristo (vero Dio e vero uomo), proclamata nel 451 dal Concilio di Calcedonia e contrastata dall’eresia “monofisita”, che nel Signore ammetteva la sola natura divina. Nella metropoli, assistette anche a uno scontro teologico e politico causante la rottura tra il regnante imperatore Anastasio I “Dicoro” (dal 491 al 518) e il medesimo patriarca gerosolimitano Sallustio, che egli tentò vanamente di ricomporre. L’ultimo viaggio nella città sul Bosforo lo fece nel 530, con fatica enorme avendo ormai circa novant’anni, ma adoperandosi ugualmente per difendere i cristiani del patriarcato dalla dura tassazione imperiale. In seguito fu anche nominato, dal nuovo patriarca di Gerusalemme, il futuro santo Elia (dal 494 al 516), archimandrita di tutti gli anacoreti di Palestina. Saba affrontò con lena e vigore il delicato incarico, nonostante la veneranda vecchiaia, ma non era un capo troppo dolce e non faceva sconti sulla disciplina. Per questi motivi, non tutti i suoi monaci lo amavano e, quelli più lontani dall’essere alla sequela di Cristo, giunsero in seguito a contrastarlo apertamente, ricevendone in contraccambio solo e sempre il perdono e il bene. Tuttavia, a causa di ciò, fu costretto ad allontanarsi per qualche tempo, andando a fondare un’altra laura a Gadara, presso il lago di Tiberiade, salvo poi tornare nella sua originaria “Grande laura” presso Betlemme, che in suo onore da allora fu chiamata Mar Saba o San Saba, andandosi a nascondere nella solitudine, mentre il popolo lo venerava già da vivo come un santo, attribuendogli anche un intervento miracoloso contro i danni di una durissima siccità. Qui, carico di anni e di meriti, dopo lunga malattia sopportata con pazienza e rassegnazione, santamente morì il 5 dicembre 532. Canonizzato da subito, il suo corpo fu trasportato prima a Venezia e poi a Roma, per essere poi restituito nel 1965, da papa San Paolo VI, alla laura di Mar Saba, monastero e centro spirituale greco-ortodosso presso Betlemme dove ancora si trova.
IMMAGINE: "San Saba Archimandrita", icona a tempera e oro su legno realizzata da ignoto autore di ambito bizantino (forse un monaco), verosimilmente tra la fine del V e l'inizio del VI secolo. L'opera si trova presso la laura di Mar Saba, monastero e centro spirituale greco-ortodosso presso Betlemme (Autorità Nazionale Palestinese).
Roberto Moggi
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