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‘A ciuccevéttola, biàto addó se posa e mmaro addó canta

La civetta sembra porti bene nei luoghi dove si posa e male in quelli dove canta.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Nella simbologia in cui molti animali sono annoverati nel rappresentare sentimenti e manifestazioni umane, con proiezioni di pregi, di difetti e di superstizioni verso creature che ne sono del tutto immeritevoli, non poteva mancare la civetta, che con il suo stridulo squittio, fa accapponare la pelle ai superstiziosi.
Un uccello il cui nome scientifico effettivo è Athene noctua, uccello rapace della famiglia degli Strigidae che, insieme ad altri suoi simili, è definito appunto notturno per antonomasia, anche se può essere attiva anche nel tardo pomeriggio, o di prima mattina, ma che resta molto vigile anche nel resto della giornata.
Un animale che si accompagna, per le sue abitudini, al gufo, all'assiolo, all'allocco e al barbagianni, partecipando alla rassegna delle interpretazioni a cui alcuni di essi hanno dato luogo.
Così che il gufo è visto come una creatura magica e ancestrale, in quasi tutte le culture antiche, e considerato una creatura figlia della notte, in cui si muove e vola. Con la sua straordinaria capacità di vedere nel buio rappresenta in tanti miti la profezia e la chiaroveggenza.
Nella mitologia greca, il gufo era legato alla dea Atena, la dea della saggezza, e da allora è stato associato all'apprendimento e all'intelletto. Nelle università e nelle istituzioni accademiche, il gufo simboleggia la realizzazione intellettuale e la fine di un viaggio educativo.
Un uccello le cui interpretazioni vanno da un estremo all'altro, da portafortuna, in alcune tradizioni, a uccello del malaugurio in altre.
Un nome, quello del gufo, che fa da tema a verbi come gufare, o gufeggiare, ovvero rimuginare, portare sfortuna e augurarsi l'insuccesso altrui.
Non è da meno, nella simbologia, l'allocco, il cui nome, immeritatamente, è divenuto sinonimo di idiota, di persona goffa e imbambolata, oppure ingenua, nel miglior significato.
E veniamo alla protagonista del proverbio, con le contraddizioni presentate, da portafortuna nei luoghi in cui si posa, purché se ne stia buona e zitta, perché se emette il suo ripetitivo stridulo squittio, viene promossa a portatrice del malaugurio.
Un uccello che la cultura popolare ha assunto a simbolo di lutto, di disgrazia e, ad un tempo, di saggezza e di mistero, con un adagio che ne ribadisce il mito:
"Quando canta la civetta Dio ti salvi da dove guarda."
Mentre la mitologia classica l’associa ad Atena, dea della sapienza, come il gufo, attribuendole qualità quali la chiarezza e la razionalità: è un animale che vede dove altri non vedono.
Era anche l’uccello simbolo della città di Atene dove era sempre benvenuta e molto comune, tanto che un modo di dire, coniato da Aristofane, recitava “portare le civette ad Atene” per descrivere qualcosa di veramente scontato.
Con il Medioevo la civetta si carica di un significato più oscuro. Come i gatti diventa il simbolo delle streghe ed è vittima di inutili superstizioni diventando “uccello del malaugurio". C’è una civetta anche al centro della “Fontana della Vita” che fa parte del del famoso “trittico del giardino delle delizie” di Hieronymus Bosch. Circondata dagli animali fantastici dell’Eden, la civetta guarda il mondo con due occhi buffi e molto curiosi.
Con il Romanticismo i rapaci notturni, e quindi anche la civetta, tornano di moda carichi di suggestioni positive. Oggi la civetta, come i gufi, è addirittura diventata un portafortuna raffigurato su migliaia di portachiavi, t-shirt e altri oggetti di artigianato artistico. Ad aumentare la fama di questo animale c’è la civetta delle nevi Edwige, uno dei personaggi magici più amati dai fan della fortunatissima saga di Harry Potter che è diventata anche una serie di film campioni di incassi.
Una versatilità di attribuzioni, che vanno dal malaugurio a un comportamento femminile volto ad attirare l'attenzione e la simpatia, con gesti e modi leziosi o aggraziati a cui è dato il nome di civetteria, che può scadere in una condotta discutibile, fatta di troppa leggerezza e volubilità e definita col verbo civettare e fa sì che il nome dato all'animale, divenga un attributo per un certo tipo di donna.
Così che il comportamento visto nel suo lato migliore, quello appunto della civetteria, può scadere in modi e maniere da civetta che, in un certo senso, si può interpretare come un piccolo capolavoro di diplomazia, in seguito alle descrizioni che gli sono state date, con un esordio del proverbio:
"La donna che s’imbelletta è sempre un po’ civetta."
E a seguire:
La donna innamorata dice sempre di sì; la capricciosa di sì e no. La civetta né sì né no.
(Valéry Bernard)
Essere civetta è promettersi a molti uomini e donarsi a nessuno.
(Honoré de Balzac)
La civetta, colei che ama essere affascinante, non dà nulla, ma lascia sperare tutto.
(Charles de Bernard)
Quando vivevamo da soli, in una casa quasi in mezzo alla campagna, se la sera echeggiava il verso srtridulo e ripetitivo della civetta, mi sentivo protetto e rallegrato, come se l'animale sorvegliasse il luogo in cui vivevo e frapponesse conil suo squittio, raccapricciante per alcuni, una barriera verso i malvagi e i malintenzionati.
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