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Santi Felice e Adáutto, martiri

Oggi - 30 agosto 2024 - venerdì della XXI settimana del tempo ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari altri, i santi Felice e Adáutto, martiri. Le notizie su Felix e Adauctus (Felice e Adáutto), questi i loro nomi nella materna lingua latina, sono poche e principalmente relative al loro martirio, attraverso due differenti tradizioni. Nacquero e vissero a Roma nel III secolo, città nella quale subirono entrambi la morte per la loro fede in Cristo, durante il regno dell’imperatore Diocleziano (dal 284 al 305). La prima tradizione, si attiene alle più sicure e antiche notizie che provengono da un carme (componimento poetico, canto o poesia dedicato a illustri personaggi) del papa San Damaso I (dal 366 al 384), in cui si dice solo che i due erano fratelli di sangue e che subirono il martirio, senza specificare altro, ma lasciando spazio per ritenere che ciò accadesse - come visto - sotto l’imperatore Diocleziano. I loro corpi furono pietosamente sepolti fuori dell’Urbe, in una cripta del cimitero di Commodilla, nei pressi del luogo ove oggi sorge la Basilica di San Paolo Fuori le Mura. All’interno della cripta, in effetti, come a volerne darne conferma, esiste tuttora uno dei più antichi affreschi paleocristiani, nel quale sono raffigurati i due martiri, alla presenza di San Pietro che riceve le chiavi e dei Santi Stefano e Paolo. La seconda tradizione, invece, segue un passio postumo del VII secolo, scritto quando il loro culto era in piena fioritura. Secondo questo, Felice era un presbitero romano, condannato a morte come cristiano durante la persecuzione di Diocleziano. Mentre era condotto al luogo dell’esecuzione, sulla via che porta a Ostia, dalla folla assiepata lungo la strada, si staccò uno sconosciuto seguace di Gesù, che andò incontro al condannato e alla sua scorta. Giunto a un passo dai soldati incaricati di eseguire la condanna, proclamò a voce ferma d’essere cristiano e di voler condividere la stessa sorte del presbitero. I militi lo esaudirono senza troppi indugi e, dopo aver tagliato la testa di Felice, con la stessa spada decapitarono il coraggioso, che aveva osato sfidare le leggi dell’imperatore. Nessuno dei presenti ne conosceva l’identità e, pertanto, fu chiamato semplicemente “Adauctus” (che in latino significa “aggiunto”), da cui deriva il nome di Adáutto. Anche in questo caso, la tradizione afferma che vennero sepolti in una cripta del cimitero di Commodilla. L’episodio restò vivo nella memoria della Chiesa romana, che associò i due martiri in un’unica commemorazione, al punto che alcune fonti li definiscono fratelli di sangue, pur non essendovi alcuna certezza in tal senso. La diffusione del loro culto fu notevole, giungendo, alcuni secoli dopo, fin nell’Europa settentrionale, ove ebbe origine dal dono di alcuni frammenti prelevati dalle loro reliquie e donati da papa San Leone IV (dall’847 all’855) a Ermengarda, moglie dell’imperatore carolingio Lotario (dall’840 all’855). La cripta del cimitero di Commodilla, sulla via oggi chiamata delle Sette Chiese, come detto poco lontana dall’attuale Basilica di San Paolo Fuori le Mura, venne essa stessa trasformata in basilica da papa San Siricio (dal 384 al 399) e poi ampliata e decorata di affreschi dai pontefici San Giovanni I (dal 523 al 526) e Leone III (dal 795 all’816). Divenne meta di pellegrini e devoti fino a medioevo inoltrato, quando catacombe e santuari sotterranei caddero in oblio o furono devastati. Il cimitero di Commodilla e la tomba di Felice e Adáutto furono riportati alla luce nel 1720, ma la soddisfazione del ritrovamento durò poco, perché alcuni giorni dopo la volta della piccola basilica sotterranea crollò. Sui ruderi caddero nuovamente l’oblio e l’incuria fino al 1903, quando la basilica fu definitivamente restaurata.
Immagine: "Maria con il Bambino, affiancata dai santi martiri Felice e Adautto e dalla benefattrice Turtura", affresco a tempera su intonaco realizzato nel 528 circa da ignoto autore romano. L'opera si trova all'interno della cripta dedicata ai due santi, nelle catacombe di Commodilla situate nel quartiere Ostiense di Roma.

Roberto Moggi
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