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San Pantaleone

Oggi - 27 luglio 2024 - sabato della XVI settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Pantaleone (o Pantaleo), medico e martire, noto anche con la specificazione “di Nicomedia” che ne indica la città di provenienza. Di Pantaleon (Pantaleone), questo il suo nome sia in latino che in greco traslitterato nel nostro alfabeto, si conosce quanto è contenuto nel suo passio, a lui di poco successivo, giuntoci in greco, armeno, georgiano, copto e arabo. Egli godette fin dall'antichità di un vasto culto, sviluppatosi prima in oriente e nell’Africa cristiana, poi in occidente. Nacque verosimilmente nella seconda metà del 200, a Nicomedia, nella Provincia Romana di Bitinia, nella parte nord-occidentale dell’Anatolia fronteggiante lo stretto del Bosforo (oggi nella Turchia asiatica). Figlio di Eustorgio, ricco pagano, fu educato nella fede cristiana dalla madre Eubula o Eubule. Dopo la morte di quest’ultima, però, non ancora battezzato, fu sedotto dai piaceri del mondo nel pieno della sua giovinezza, iniziando ad allontanarsi dalla Chiesa. In seguito, fu affidato dal padre alla scuola del grande e famoso medico Eufrosino, dal quale apprese ogni segreto della medicina, tanto perfettamente da diventare anch’egli specialista di grandissimo prestigio e autorità. La sua fama giunse fino a Massimiano, “cesare” e poi “augusto” dell'Impero Romano, e dallo stesso imperatore Diocleziano (dal 284 al 305). Gli atti narrano che Massimiano ne fu conquistato, tanto da prenderlo al proprio personale servizio di corte, con un alto trattamento. Secondo altre fonti, invece, Pantaleone si sarebbe posto a disposizione di Galerio, il quale pure fu prima “cesare” e poi ”augusto” dell’Impero Romano d’Oriente (dal 305 al 311). A prescindere da quale alto personaggio abbia eventualmente servito, ciò che appare rilevante è come, pur se esteriormente pagano, Pantaleone non avesse mai fatto morire, nel suo cuore, l’antica fede in Gesù che la madre gli aveva instillato. Sempre meno era attratto dalle lusinghe dei piaceri terreni, mentre si donava volentieri ai fratelli malati e bisognosi, nell’esercizio della sua professione sanitaria. Questo “dono di sé” era talmente autentico che condivise, con i contemporanei colleghi medici Cosma e Damiano, fratelli gemelli (260-303) e futuri santi, il soprannome di “Anargiro” (vocabolo greco, traslitterato nell’alfabeto latino, che letteralmente significa “senza argento”, cioè “senza denaro”), poiché prestava la propria opera gratuitamente, soprattutto ai più poveri e bisognosi, senza richiedere alcun compenso. Così, a un certo punto, si poté realizzare anche il suo formale ritorno al cristianesimo, grazie a un sacerdote di nome Ermolao, che viveva nascosto per sfuggire alle persecuzioni contro i cristiani di quei tempi, il quale ne lodò la maestrìa nella medicina, ma lo convinse a mettere al primo posto Gesù. Questi lo convinse ad abbandonare l’adorazione del dio pagano Asclepio o Esculapio (in latino Aesculapius, uno degli dei della mitologia greca, che i medici pagani consideravano il loro patrono), garantendogli la capacità di guarire ogni male nel solo nome di Gesù. Di ciò Pantaleone fece più volte personale esperienza e, dopo aver visto risuscitare, alla sola invocazione del Figlio di Dio, un bambino morto per il morso di una vipera, si convertì definitivamente e si fece subito battezzare. In seguito, la guarigione di un cieco che si era rivolto a lui, ne corroborò il risanamento spirituale e la conversione, unitamente a quella del cieco stesso e di suo padre Eustorgio. Alla morte del genitore, Pantaleone distribuì l’intero patrimonio ai servi e ai poveri, senza nulla tenere per se stesso e diventando povero e sempre più “il medico di tutti”, soprattutto dei più miseri e abbandonati. Tuttavia, questo suo modo di fare generoso e altruista, che lo rendeva amatissimo dal popolo, suscitò ben presto l'invidia e il risentimento dei colleghi pagani, che lo denunciarono alle autorità imperiali quale cristiano. I funzionari preposti, come di prassi, con lusinghe e minacce gli imposero di abiurare la fede in Cristo e ritornare a quella pagana. A questo punto, Pantaleone, risoluto a non tradire il Signore pur consapevole di ciò cui andava incontro, riuscì a fare accettare dai giudici una sorta di “verifica sul campo” tra i sacerdoti pagani e lui, onde verificare quale fosse il vero Dio. Così, intorno ad un paralitico appositamente convocato, inutilmente si affannarono i sacerdoti dei falsi dei invocando tra questi anche Asclepio e Galeno. Egli, invece, guarì immediatamente, nel nome di Cristo, l'ammalato. Quest’ultimo miracolo suscitò la conversione di molti, ma anche l'ostinazione dei sacerdoti pagani e delle autorità, che, alle lusinghe, fecero seguire una lunga serie di tormenti. Ogni tentativo di fargli abiurare la fede in Gesù, però, fu inefficace, provocando ancor più l'ira dei giudici che lo accusarono di magia. Dopo le tante feroci torture, il 27 luglio 305, uno degli aguzzini lo colpì mortalmente dopo che era stato legato a un albero secco e, dalla ferita mortale, tramanda la tradizione, sgorgò sangue misto a latte, mentre l'albero al quale Pantaleone era legato si caricò di frutti. Nel Duomo di Ravello presso Amalfi (oggi in provincia di Salerno, regione Campania), è conservata una sua reliquia, costituita da un’ampolla vitrea contenente il suo sangue mescolato a una “spuma lattescente”, che sarebbe stata portata dall’Oriente, via mare, da mercanti amalfitani. Nella ricorrenza della sua festa, il 27 luglio, avviene il fenomeno della liquefazione, quando il contenuto dell’ampolla appare sciolto e di un colore rubino. Al fenomeno è sempre stata data, come accade a Napoli per il sangue di San Gennaro, un’interpretazione divinatoria che vede, nel ritardo o nella mancata liquefazione, un pronostico infausto di calamità. Pantaleone è patrono dei medici, insieme ai Santi Cosma e Damiano, e delle ostetriche.
Immagine: "San Pantaleo", icona di scuola bizantina dipinta da ignoto autore di ambito egiziano (forse un monaco ortodosso) nel XIII secolo. L'opera si trova nel monastero ortodosso di Santa Caterina d'Alessandria sul Monte Sinai (Egitto).
Roberto Moggi
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