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Chi tene ’o lupo pe ccumpare porta ’o cane sott’ ô mantiello

Chi tene ’o lupo pe ccumpare porta ’o cane sott’ ô mantiello.
Meglio non fidarsi di chi freguenta persone losche e pericolose.
S'accompagna il proverbio al vecchio detto; "Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei", perché la cerchia di persone frequentate, può rappresentare una garanzia come l'opposto e l'adagio esorta ad evitare chi bazzica persone inaffidabili, perché, come leggiamo in un aforisma del filosofo Confucio:
"Vedere e ascoltare persone malvagie è già l’inizio della malvagità."
Una delle più usuali scuse per giustificare il comportamento, in special modo di un giovane, è quella di imputare il suo comportamento alla frequentazione di cattive compagnie, come se il soggetto non lo fosse, a sua volta, con le persone che frequenta.
Come si usa anche dire che se i parenti ce li dà la sorte, siamo noi a scegliere gli amici e le persone che riteniamo siano migliori da frequentare, la scelta richiede l'accortezza necessaria, perché se ci sono persone che mettono subito in luce i loro pregi, come i loro difetti, altre sono più elusive e riuscire a capire se è il caso di frequentarle o meno, richiede tutto il tempo e la prudenza richiesti dall'impegno.
Stare in compagnia di qualcuno è una situazione che diventa necessaria alle persone più socievoli e a quelle che non sopportano la solitudine, un bisogno che può portare i soggetti ad accontentarsi delle persone che sono a portata di mano, anche se le preferirebbero migliori, così da poter dire che a scegliere la solitudine non si sbaglia mai, mentre troppe volte succede con le compagnie.
E non solo, ma per chi diventa triste nella solitudine, sé stesso rappresenta la peggiore compagnia e finché non riuscirà a rendere piacevole il rapporto, qualsiasi altra persona risulterà come una compagnia poco soddisfacente e di ripiego.
Alcuni interpretano come un segno di distinzione, frequentare un ambiente d'élite ed esclusivo e se ne fanno vanto, come se rappresentasse un blasone di nobiltà.
Leggiamo nel Dhammapada (Versi della Legge), di Siddhārtha Gautama, definito il Buddha:
"Gioioso è vivere in compagnia dei saggi. Beato chi fugge la compagnia degli inconsapevoli."
Una compagnia che sarà sì gioiosa, ma anche fortunata per chi riesce a trovarli, i saggi.
E sempre a tal riguardo, scrisse Erich Fromm, nell'Arte di amare:
"Per cattive compagnie non mi riferisco solo a gente cattiva, viziosa o distruttiva; di quelle si dovrebbe evitare la compagnia perché la loro influenza è velenosa e deprimente. Mi riferisco soprattutto alla compagnia di persone amorfe, di gente la cui anima è morta, sebbene il corpo sia vivo; di gente i cui pensieri e la cui conversazione sono banali; che chiacchiera anziché parlare, e che esprime opinioni a cliché invece di pensare."
Riguardo a proverbi, aforismi ed esortazioni sul come evitare le cattive compagnie e chi le frequenta, ci offre un quadro su cui c'è da pensare, il poeta e oratore inglese George Herbert di Cherbury:
"Non frequentare le cattive compagnie, non faresti che aumentarne il numero"
Una frase che ci induce a pensare a quanto noi stessi rappresentiamo o meno una buona compagnia per gli altri, perché essere convinti di esserlo, può derivare da una convinzione che abbiamo solo noi.
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