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Arredurse comme a San Paulino

Arredurse comme a San Paulino, ca dicette ’a messa senza ’a tonaca.
Si dice di persona ridotta all'estremo stato di povertà. Come San Paolino che si ridusse in uno stato di povertà da non avere più neanche la tonaca per celebrare la santa messa.
Fa il paio la figura di San Paulino, presentata dal proverbio, con quella del romano don Falcuccio, che con l'altruismo non conosceva metro, tanto da restare con una mano davanti e l'altra dietro.
C'è chi si riduce in miseria per sfortuna o perché poco accorto nell'amministrare le risorse, e chi c'è nato, con il vantaggio dell'abitudine all'indigenza, rispetto al primo, che fa fatica ad accettare tale condizione.
La povertà, dal latino pauperitas, è uno stato di bisogno dei beni primari di sostentamento e di sopravvivenza.
Le famiglie che sono in condizioni di povertà, vivono la quotidiana difficoltà di non avere sufficiente cibo per potersi alimentare in modo conveniente e la perdita di posti di lavoro, ha portato a un aumento della povertà. Il tasso di povertà indica la percentuale di persone che vivono in questa condizione al di sotto di quello che è stabilito come il livello minimo di reddito.
In una nazione con un alto grado di civiltà, la povertà dovrebbe essere semplicemente inesistente, ma se il livello non è tale, a sopperire all'inefficienza dello stato, concorrono organizzazioni di beneficenza e di volontariato, che in una società ideale non dovrebbero nemmeno esistere e che non fanno che evidenziare una delle lacune della società capitalistica, nella quale subentra un vero e proprio interesse che esista una classe povera, da poter reclutare a basso costo, nelle varie attività lavorative.
Così che non è poi tanto una battuta comica, quella attribuita a Ettore Petrolini:
“Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri. Hanno poco ma sono in tanti.”
Una frase che altri attribuiscono allo scrittore e umorista francese Alphonse Allais.
Disse a suo tempo il presidente degli Stati Uniti d'America John Fitzgerald Kennedy:
“Se una libera società non può aiutare i molti che sono poveri, non dovrebbe salvare i pochi che sono ricchi.”
E non per nulla, l'hanno fatto fuori.
Una povertà che è considerata peggiore di quella materiale, è quella morale e chi vi versa cerca di arricchire solo la propria esteriorità, un concetto filosofico di vita che può permettersi di esprimere chi non conosce l'indigenza, perché se vi versasse, gli diventerebbe difficile ricordarsi della ricchezza della moralità, troppo preso dai bisogni della fame.
Come disse anche il famoso comico Totò:
“A volte è difficile fare la scelta giusta perché o sei roso dai morsi della coscienza o da quelli della fame.”
Per come la fame può avere la meglio su qualsiasi scrupolo.
Una umoristica serie di concetti che si possono esprimere su qualcuno che è povero di mezzi, ce la presenta lo scrittore, fumettista e vignettista statunitense Jules Feiffer:
"Ero solito pensare di essere povero. Poi mi dissero che non ero povero, ero bisognoso. Poi mi dissero che era autodistruttivo pensare a me stesso come bisognoso, ero solo privo di mezzi. Poi mi dissero che privo di mezzi era una cattiva immagine, ero sottoprivilegiato. Poi mi dissero che sottoprivilegiato era abusato, ero svantaggiato. Non ho tuttora un centesimo. Ma di certo ho un gran bel vocabolario."
Un vocabolario che si differenzia molto, ad esempio, sul bisogno di nutrirsi tra la vera e propria fame di chi versa nella povertà più nera e il lieve appetito di chi non mangia per bisogno, ma per sfizio.
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