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4 Ottobre 2023 - San Francesco d’Assisi

4 OTTOBRE 2023 - SAN FRANCESCO D' ASSISI
Oggi - 4 ottobre 2023 - mercoledì della XXVI settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la festa di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. Giovanni, questo il suo nome di battesimo, nacque nel 1181 o 1182 nel libero comune di Assisi (oggi in provincia di Perugia, regione Umbria, al centro circa della Penisola Italiana), da Pietro Bernardone o Di Bernardone (casato cui alcuni studiosi aggiungono “Dei Moriconi”) e da madonna Pica, insigniti dei rispettivi titoli onorifici di “messere” e madonna” quali rappresentanti della borghesia emergente della città. Il padre, che grazie al commercio di stoffe e tessuti con la Francia aveva raggiunto prestigio e ricchezza, cominciò subito a chiamarlo con l’allora insolito soprannome di Francesco, proprio con riferimento al paese d’oltralpe commerciando col quale aveva fatto fortuna, che divenne il suo appellativo abituale [FF (“Fonti Francescane”) 1395]. Le Fonti e le varie agiografie non parlano molto della sua infanzia, ma si ritiene che egli sia stato preparato dal padre a occupare il suo posto negli affari di famiglia. In effetti, verso il 1196, appena quattordicenne, finita la scuola presso i canonici della locale cattedrale, Francesco si dedicò pienamente al commercio di famiglia, trascorrendo la sua giovinezza tra il lavoro e la lieta compagnia dei suoi amici, tutti della ricca borghesia e dell’aristocrazia assisana. Era un giovane allegro e gaudente, partecipe della cultura “cortese-cavalleresca” del proprio tempo e delle ambizioni del proprio emergente ceto sociale borghese. Poco più tardi, tra il 1198 e il 1210 circa, Assisi piombò nella guerra civile, funestata dallo scontro tra due fazioni in lotta tra loro per il potere. La prima, quella dei cosiddetti “Homines populi” [“uomini (o gente) del popolo”], formata da mercanti, artigiani e professionisti in genere, con i quali era schierata la famiglia di Francesco, si riconosceva nell’istituzione del Libero Comune; mentre la seconda, chiamata dei “Boni homines” [“buoni uomini (o buona gente”)], formata da coloro che basavano la loro ricchezza prevalentemente su cespiti fondiari e dalla nobiltà in genere, appariva legata ancora a una logica feudale. Con quest’ultima fazione era schierata la casata della futura Santa Chiara d’Assisi (1193-1253). Nel 1198 gli “Homines populi” conquistarono la rocca della città, assunsero il potere e bandirono dal territorio alcune consorterie familiari della parte avversa, che finirono per riparare nella vicina Perugia (dove anche Chiara, ancora bambina, giunse in esilio). A seguito di ciò, si accese un conflitto tra quest’ultima città e Assisi, che, nel 1202, vide anche Francesco prendere parte alla battaglia di Collestrada, a metà strada circa tra i due centri abitati, nelle file degli assisani, contrapposte a quelle dei perugini e dei loro alleati “Boni homines” (fuoriusciti assisani). Fu una disfatta per Assisi e Francesco fu catturato con molti suoi concittadini in armi e condotto prigioniero a Perugia. Nel 1203, però, tra Perugia e Assisi fu siglata la pace e Francesco poté rimpatriare insieme ai compagni di prigionia (FF 1398). Nella sua città, non intimorito dall’esperienza vissuta e affascinato dal “mestiere delle armi”, Francesco decise poi di diventare “Miles”, cioè cavaliere. Così, nello stesso anno, si unì al corpo di spedizione del concittadino conte Gentile, che, nell’ambito della quarta Crociata, era diretto nella città di Lecce (Puglia meridionale), onde poi imbarcarsi per la Terra Santa e combattere i musulmani che la occupavano. In effetti, partecipare come cavaliere a una Crociata, era considerato uno dei massimi onori per i cristiani d'Occidente. Il drappello di assisani avrebbe dovuto unirsi, nella città portuale pugliese, alla Corte del Conte Gualtieri III di Brienne (1166-1205), per poi imbarcarsi con gli altri cavalieri alla volta della Terra Santa e raggiungere Gerusalemme, onde partecipare alla quarta Crociata [dal 1202 al 1204 (FF 1491)]. Tuttavia, giunto il gruppo nella vicina Spoleto, Francesco si ammalò improvvisamente quanto stranamente e, da quel momento, iniziarono per lui i segni premonitori di un destino ben diverso da quello che aveva sognato. Una notte, febbricitante, nel dormiveglia udì una voce che gli chiedeva: “… Chi può meglio trattarti: il Signore o il servo? …”, al che prontamente rispose: “… Il Signore …”. Replicò la voce: “… E allora perché abbandoni il Signore per il servo? …” (FF 1492). L’indomani Francesco, profondamente scosso dall’esperienza mistica, ancora malaticcio abbandonò ogni ambizione e con esse la bellicosa comitiva. Tornò ad Assisi aspettando che Dio, del quale aveva capito d’avere udito la voce, gli rivelasse la sua volontà (FF 1401). Iniziò per lui, da allora, un periodo di profondissima e sofferta riflessione spirituale. Egli non fu più lo stesso e si ritirava spesso in luoghi solitari a pregare. Un giorno, a Roma, dove era stato inviato dal padre a vendere preziosa merce, non solo distribuì il denaro ricavato ai poveri, ma scambiò le sue vesti con un mendicante e si mise a chiedere l'elemosina. Pure il suo atteggiamento nei confronti del prossimo mutò radicalmente, al punto che un giorno, rientrato in Patria, incontrò un lebbroso e, oltre a dargli l'elemosina, lo abbracciò e lo baciò. Intanto il genitore, Pietro Di Bernardone, con la solidarietà dell’intera comunità di Assisi, riteneva tradite da Francesco non solo le sue attese di padre, ma lo giudicava anche, per la sua eccessiva generosità, in preda a uno squilibrio mentale. All'inizio, cercò pertanto di allontanarlo da Assisi, per fargli cambiare aria e per nasconderlo ai pettegolezzi della gente, ma poi, di fronte all'irriducibile "testardaggine" del figlio nel non mutare il suo comportamento, cambiò tattica e decise di denunciarlo ai Consoli per farlo arrestare, non tanto per il danno oneroso subito, quanto piuttosto per la segreta speranza che, sotto la pressione della punizione e della condanna dalla città, il ragazzo cambiasse atteggiamento. Ciò nonostante, questo non avvenne e, dopo il suo processo tenuto dal locale vescovo Guido, al quale Francesco si era appellato, torno a vivere come un povero eremita al servizio di Dio e dei fratelli. Comunque è del 1205 l'episodio più indicativo della sua conversione, mentre pregava nella decrepita chiesa campestre assisana di San Damiano, sentì una voce giungergli da un vecchio Crocefisso, che per ben tre volte gli disse: “… Francesco, va e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina …”. Fu così che si dedicò anche al restauro materiale di San Damiano e di alcune altre chiese in rovina del contado. Trascorse circa un anno nella solitudine, nella preghiera, nel servizio agli ultimi e ai lebbrosi. fino a rinunciare pubblicamente all’eredità paterna, nel 1206, alla presenza del Vescovo Guido e assumendo, di conseguenza, la condizione canonica di cosiddetto “Penitente volontario”, vestendo l’abito da eremita e continuando a dedicarsi all’assistenza dei lebbrosi (FF 593). Nel 1208, attirati dal suo modo di vita alla sequela di Cristo, si associarono a lui i primi compagni che lo aiutavano anche nei lavori manuali. Con essi, nel 1209, si recò a Roma per chiedere al Papa Innocenzo III (dal 1198 al 1216) l’approvazione della loro forma di vita religiosa, una fraternità che egli stesso, per umiltà, volle chiamare “Ordine dei Frati Minori”. Secondo il suo primo biografo, il francescano Tommaso da Celano (1190-1265): “… Mentre si scrivevano nella Regola queste parole ‘ Siano minori ‘, appena l'ebbe udite esclamò: ‘ voglio che questa fraternità sia chiamata Ordine dei frati minori ’ …”. Il Pontefice concesse loro l’autorizzazione a predicare rimandando però a un secondo tempo l’approvazione della Regola. Disse loro: “… Andate con Dio, fratelli, e come Egli si degnerà ispirarvi, predicate a tutti la penitenza. Quando il Signore onnipotente vi farà crescere in numero e grazia, ritornerete lieti a dirmelo, ed io vi concederò con più sicurezza altri favori e uffici più importanti …” (FF 375). Nonostante la sua instancabile opera di predicazione e di esercizio della carità, che ben poco tempo gli lasciava a disposizione, spinto dal desiderio di testimoniare Cristo ovunque. Francesco tentò più volte di recarsi nei paesi musulmani dell'Africa settentrionale, senza minimamente curarsi del grande pericolo per la propria vita. Finalmente, nel 1219, riuscì a raggiungere la città portuale di Damietta, nel delta del Nilo, in Egitto, dove, durante una tregua nei combattimenti della quinta Crociata, fu ricevuto e protetto personalmente dal Sultano al-Malik al-Kamil. Rientrato sano e salvo ad Assisi nel 1220, Francesco rinunciò al governo dei frati da lui creati, a favore di uno dei suoi primi seguaci: l’assisate Pietro Cattani (1180-1221), che assunse la carica di Vicario Generale dell’Ordine. Non rinunciò però a esserne la guida spirituale, come testimoniano i suoi scritti. Il 30 maggio 1221, si radunò in Assisi il capitolo dei Frati Minori detto “delle stuoie”, al quale partecipò un numero davvero rilevante e forse impressionante di umili frati - si tramanda addirittura dai 3.000 ai 5.000 - che avevano come riparo e letto soltanto dei tessuti di giunchi o stuoie (da cui il nome del capitolo). Qui si discusse il testo di una Regola da sottoporre all’approvazione della Curia Romana e fu nominato frate Elia Vicario Generale al posto di Pietro Cattani, morto il 10 marzo di quell'anno. La Regola (conosciuta come “Regola non bollata”) discussa e approvata dal capitolo del 1221, fu respinta dalla Curia Romana perché troppo lunga e di carattere scarsamente giuridico. Dopo un processo di controllo del testo, al quale benevolmente collaborò il Cardinale Ugolino di Anagni [il futuro Papa Gregorio IX (dal 1227 al 1241)], finalmente, il 29 novembre 1223, il Pontefice Onorio III (dal 1216 al 1227) approvò la Regola dell’Ordine dei Frati Minori (detta “Regola bollata”). In seguito, Francesco fondò numerosi conventi e in uno di questi, a Greccio (provincia di Rieti, regione Lazio), durante la notte di Natale del 1223, volle rievocare la nascita di Gesù, facendo una rappresentazione vivente di quell'evento eccezionale: “… Affinché si potesse vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si era trovato (il Bambino nato a Betlemme) per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello …” (FF 468). È da questo episodio che ebbe poi origine la tradizione del presepe. Dopo il capitolo di Pentecoste del 1224, Francesco si ritirò con fra Leone (uno tra i suoi primi compagni, ora seppellito accanto alla sua tomba) sul monte della Verna, cima isolata dell’Appenino toscano, in territorio di Siena, per celebrarvi una Quaresima in onore di San Michele Arcangelo. Lì, la tradizione dice il 17 settembre, Francesco ebbe la visione del Serafino, al termine della quale nelle sue mani e nei piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva Gesù Cristo (FF 485). L’episodio è confermato dall’annotazione di fra Leone sulla “Chartula” (“cartina”, “piccola carta”) autografa di Francesco (ora conservata in un reliquiario presso il Convento di Assisi), nella quale è scritto: “… Il beato Francesco, due anni prima della sua morte, fece una Quaresima sul monte della Verna … e la mano di Dio fu su di lui mediante la visione del Serafino e l’impressione delle stimmate di Cristo nel suo corpo …” (FF 176 nota). La “Chartula” contiene le parole che Francesco utilizzò per benedire fra Leone. La benedizione, scritta da lui nel settembre 1224, due anni prima di morire, è arrivata fino a noi ancora leggibile con il “Tau” impresso su di un lato, simbolo con il quale Francesco si firmava. Queste le parole che rivolse a fra Leone: “… Il Signore ti benedica e ti custodisca. Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Volga a te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore ti dia la sua grande benedizione ... ”. Nell’ultimo biennio della sua vita, si colloca anche la composizione del “Cantico di frate sole” (più noto come “Cantico delle creature”). Sono anni, questi, in cui Francesco è sempre più tribolato dalla malattia, gravi disturbi al fegato e tracoma agli occhi. Quando le sue condizioni si aggravarono in maniera definitiva, Francesco fu riportato alla Porziuncola, una piccola chiesa oggi situata all'interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Tra le sue mura, Francesco aveva compreso la propria vocazione e aveva accolto Santa Chiara e i primi frati, ricevendovi infine il cosiddetto “Perdono di Assisi” o "Indulgenza della Porziuncola". Francesco rese serenamente l’anima al Sommo Creatore nella notte fra il 3 e il 4 ottobre 1226. Il giorno seguente il suo corpo, dopo una sosta presso San Damiano, fu portato in Assisi e venne sepolto nella chiesa di San Giorgio. Francesco fu canonizzato il 19 luglio 1228 da Papa Gregorio IX. Il 25 maggio 1230 la sua salma fu infine trasferita dalla chiesa di San Giorgio e tumulata nell'attuale Basilica di San Francesco fatta costruire celermente da frate Elia su incarico del pontefice Gregorio IX, tra il 1228 e il 1230. Ancora oggi, nella Basilica Inferiore di San Francesco d'Assisi è possibile visitare l'Antica Sala Capitolare, un locale dall'architettura romanica, dove sono conservate le ceneri del corpo di San Francesco. Francesco è stato proclamato, assieme a santa Caterina da Siena, patrono principale d'Italia il 18 giugno 1939, dal Servo di Dio papa Pio XII (dal 1939 al 1958).
Roberto Moggi
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