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Sabato Santo, della “Veglia di Pasqua”

Oggi - 30 marzo 2024 - la Chiesa celebra il Sabato Santo, della “Veglia di Pasqua”, terzo e ultimo giorno del Triduo Pasquale. Questa giornata è di totale silenzio e raccoglimento per Gesù che giace nel sepolcro. Non si celebra messa fino alla veglia notturna, non si riceve la comunione, i tabernacoli sono vuoti e aperti, le chiese buie e gli altari spogli. Si fa memoria, infatti, della scomparsa terrena di Gesù Cristo, la cui passione e morte abbiamo ricordato ieri nella liturgia del Venerdì Santo. Oggi commemoriamo la Sua discesa agli inferi, per portare a compimento la sua vittoria sulla morte e sul diavolo, liberando e aprendo le porte del Paradiso alle anime dei buoni e dei giusti che vi si trovavano. Afferma, appunto, il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Cristo morto, con l'anima unita alla sua Persona divina, è disceso alla dimora dei morti. Egli ha aperto le porte del cielo ai giusti che l'avevano preceduto” (CCC 637). Nella notte si officia la Veglia Pasquale, detta “nella Notte Santa”, la solenne celebrazione della Risurrezione del Signore, che ricorda la sua vittoria sul peccato e sulla morte, costituendo la più importante veglia liturgica del cattolicesimo. Per antichissima tradizione questa è la “… notte di veglia in onore del Signore …” (Esodo 12, 42), giustamente definita da Sant’Agostino d’Ippona come “… madre di tutte le sante veglie …” (Discorso 219, 1), durante la quale la Chiesa intera resta simbolicamente in attesa presso la tomba del Messia sacrificatosi sulla Croce per noi. Vegliare, infatti, è un atteggiamento permanente della Chiesa, che, pur consapevole della presenza viva del Signore, ne attende la venuta definitiva, quando la Pasqua si compirà “… nelle nozze eterne con l’Agnello e nel convito della vita …” (Cf. Apocalisse 19, 7-9). Anche se, giustamente, si può dire che per la Chiesa che officia è sempre Pasqua, la ricorrenza annuale della Risurrezione del Signore che festeggeremo domani, domenica 31 marzo e che l’odierna ufficiatura notturna introduce. Questa Veglia ha un valore e un’intensità ineguagliabili, perché, come dice ancora Sant’Agostino: “… ci rappresenta quasi visivamente il ricordo dell’evento …”. La celebrazione della Veglia è caratterizzata da una successione di simboli, che sono contenuti nei cinque distinti “momenti”: detti “del fuoco”, “della luce” o “lucernario” e delle liturgie “della parola”, “battesimale” e “eucaristica”, manifestanti il senso che la Risurrezione di Cristo ha per l'uomo e il mondo. Nel momento del fuoco, abbiamo il simbolo della luce di Gesù, oltre che per l'accensione e la benedizione del fuoco fuori della chiesa, prima di entrare in essa per la celebrazione, per l'accensione del Cero Pasquale, simbolo di Cristo, vera “Parola di fuoco fatta carne” (Cf. Geremia 23, 29). Nella liturgia della luce, che vede l’ingresso dei presbiteri e dei fedeli all’interno della chiesa lasciata al buio, con le candele accese sulla porta, abbiamo il simbolismo del mondo delle tenebre attraversato dalla Luce, il Cristo risorto, in cui Dio ha realizzato in modo definitivo il suo progetto di salvezza. In Lui, il “… primogenito di coloro che risorgono dai morti …”, dice San Paolo (Lettera ai Colossesi 1, 18), s’illumina il destino dell’uomo e la sua identità di “… immagine di Dio …” (Genesi 1, 27). Il cammino della storia si apre alla speranza di nuovi cieli e nuova terra, dischiusa da questa irruzione del divino nell’umano. Nella liturgia della parola, le sette letture dell’Antico Testamento sono un compendio della storia della salvezza. Già il tempo di Quaresima, con la prima lettura di ogni sua domenica, aveva sottolineato che il battesimo è inserimento in questa grande “storia”, attuata da Dio fin dalla creazione. Ora. nella consapevolezza che la Pasqua di Cristo tutto adempie e ricapitola, la Chiesa medita ciò che Dio ha operato nella storia. Tutti gli eventi e le promesse del passato, vanno riletti come realtà che si attuano sempre nell’“oggi” della celebrazione e che sono dono e mèta da perseguire continuamente. Nella Liturgia battesimale - che evidentemente si attua quando ci sono battesimi da celebrare - il popolo, chiamato da Dio a libertà, passa simbolicamente attraverso un’acqua che distrugge e rigenera. Come Israele nel Mar Rosso, anche Gesù è passato attraverso il mare della morte e ne è uscito vittorioso. Nelle acque del battesimo è inghiottito il mondo del peccato e riemerge la creazione nuova. L’acqua, fecondata dallo Spirito, genera il popolo dei figli di Dio, santo, profetico, sacerdotale e regale. Con i nuovi battezzati, tutta la Chiesa fa memoria del suo passaggio pasquale e rinnova, nelle “promesse battesimali”, la propria fedeltà al dono ricevuto e agli impegni assunti in un continuo processo di rinnovamento, di conversione e di rinascita, spiega San Paolo (Cf. Lettera ai Romani 6, 3-11). Catecumeni e battezzati, che la tradizione cristiana ha definito “illuminati” per la loro adesione vitale a “Cristo-Luce”, hanno la loro esistenza radicalmente cambiata. Dio li ha “… chiamati dalle tenebre alla sua luce ammirabile …”, come asserisce San Pietro Apostolo (Cf. Prima lettera 2, 9) e davanti a loro ha dischiuso un orizzonte nuovo di vita e di libertà, giacché, con il battesimo, sono formalmente “innestati” nel “Corpo mistico” della Chiesa. La liturgia eucaristica, poi, è il vertice di tutto il cammino quaresimale e della celebrazione vigilare. Il popolo rigenerato nel battesimo per la potenza dello Spirito, è ammesso al Convito Pasquale che corona la nuova condizione di libertà e riconciliazione. Partecipando al corpo e al sangue del Signore, la Chiesa offre se stessa in sacrificio spirituale, per essere sempre più inserita nella Pasqua di Cristo. Dentro la struttura e i simboli della celebrazione, è possibile leggere il paradigma (esempio, modello) dell’esistenza cristiana nata dalla Pasqua. Luce, Parola, Acqua e Convito sono le realtà costitutive e i punti di riferimento essenziali della vita nuova. Uscito dal mondo tenebroso del peccato, il cristiano è chiamato a essere portatore di luce, come dice San Paolo Apostolo (Cf. Lettera agli Efesini 5, 8 e Lettera ai Colossesi 1, 12-13), a perseverare nell’ascolto di Cristo morto e risorto che è Parola definitiva della storia, a vivere, sotto la guida dello Spirito, la vocazione battesimale, ad annunciare e a testimoniare nel dono di sé quel mistero di cui l’eucaristia celebra il memoriale.
Roberto Moggi
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