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Età anagrafica, età biologica e età mentale

L’età percepita ha più valore dell’età anagrafica sul futuro della salute
La maggior parte delle persone si sente più giovane o più anziana di quanto sia realmente e l’età soggettiva ha un grande effetto sulla salute fisica e mentale.
di Cristina Marrone
«Si ha solo l’età che si sente» dice un detto. E sembra proprio essere così perché gli anni che si sentono hanno profonde implicazioni nel processo di invecchiamento e sul nostro stato di salute. Immaginiamo un attimo di non avere un certificato anagrafico in mano: quanti anni ci sentiamo addosso? L’esperienza quotidiana ci suggerisce che non tutti invecchiamo allo stesso modo perché molte persone si percepiscono più giovani o più vecchie di quello che in realtà sono. Ma questa «età soggettiva» ha un grande effetto sulla nostra salute fisica e mentale e può predirla più di un certificato di nascita. A questo meccanismo, studiato da tempo, la Bbc dedica un ampio articolo.
Il meccanismo dell’età soggettiva
Gli scienziati sono sempre più interessati a studiare questa percezione e stanno scoprendo che «l’età soggettiva» è essenziale per capire le ragioni per cui alcune persone sembrano ringiovanire mentre invecchiano, mentre altre si lasciano andare. Numerosi studi dimostrano che l’età soggettiva è anche legata a importanti effetti sulla salute, compreso il rischio di morte. Conoscere i fattori biologici psicologici e sociali alla base dell’esperienza individuale di invecchiamento potrà forse aiutarci a vivere più a lungo e in salute.
Sentirsi giovani non vuole dire restare immaturi
I primi studi sul divario tra età percepita ed età cronologica risalgono agli anni Settanta-Ottanta. Da allora le ricerche si sono moltiplicate e in particolare negli ultimi dieci anni sono state studiate le potenziali conseguenze fisiologiche e psicologiche di questa discrepanza. Uno dei filoni più interessanti della ricerca ha esplorato il modo in cui l’età soggettiva interagisce con la nostra personalità. Si sa che le persone tendono a rilassarsi e ad essere più pacate quando invecchiano: in genere sono meno estroverse, meno aperte a nuove esperienze. Ma questi cambiamenti di personalità sono meno pronunciati in chi si sente più giovane e più accentuate in chi si sente più anziano. È interessante notare tuttavia che le persone con età soggettive più giovani sono diventate più coscienziose, meno nevrotiche e più calme, cambiamenti positivi che derivano dal normale processo di invecchiamento. Diventano più sagge, caratteristica che deriva da una maggiore esperienza di vita, senza però perdere l’energia e l’esuberanza dei giovani. Insomma, è bene chiarire che sentirsi più giovani non significa restare imprigionati in uno stato di immaturità permanente.
Allontana il rischio di depressione
Numerosi studi dimostrano che sentirsi più giovani della propria età allontana il rischio di depressione e migliora il benessere mentale man mano che si avanza con gli anni. Tutto ciò significa una migliore salute fisica, un minor rischio di demenza e di conseguenza una minor possibilità di essere ricoverati in ospedale. Yannick Stephan dell’Università di Montpellier ha esaminato i dati di tre studi che hanno monitorato più di 17 mila persone di mezza età e anziane. La maggior parte di loro si sentiva di otto anni più giovane della loro età cronologica. Alcuni però si sentivano invecchiati, con serie conseguenze sulla salute. Sentirsi tra gli 8 e i 13 anni più vecchi rispetto all’età reale risultava avere un rischio di morte variabile tra il 18 e il 25% in più. Il meccanismo che collega il benessere fisico e mentale all’età soggettiva quasi sicuramente è a doppio senso. Se ti senti depresso, senza memoria e fisicamente vulnerabile è probabile che ci si senta più vecchi e viceversa. È un circolo vizioso.
Come cambia la percezione con il passare del tempo
Ma quali sono i fattori sociali e psicologici che possono influenzare questo processo? Perché e quando sentiamo che le nostre menti e i nostri corpi vanno avanti con diversi? Brian Nosek e Nicole Lindner dell’Università della Virginia hanno studiato il modo in cui cambia la discrepanza tra età soggettiva ed età biologica nel corso della vita. Come ci si può aspettare, la maggior parte dei bambini e degli adolescenti si sente più vecchia di quanto lo sia realmente. Le cose cambiano a 25 anni, quando l’età percepita si abbassa rispetto all’età cronologica. A 30 anni il 70% delle persone si sente più giovane di quello che è veramente. «L’invecchiamento soggettivo sembra avere i tempi di Marte, dove il tempo scorre più lentamente e dieci anni terrestri corrispondono a 5,3 ani marziani» scrivono gli autori. Lindner e Nosek hanno anche misurato «l’età desiderata» dei loro partecipanti. Il 60% dei ventenni desidera essere più vecchio, ma a 26 anni il 70% preferirebbe essere più giovane e da quel momento in poi le persone vedono il passato appena trascorso con occhi più rosei.
Una forma di autodifesa
Alcuni psicologi hanno ipotizzato che l’età soggettiva inferiore sia una forma di autodifesa che protegge dagli stereotipi, per prendere le distanze dalle connotazioni negative della propria fascia di età. Avere 65 anni ma dire di sentirsene 50 potrebbe significare di non essere preoccupati delle proprie prestazioni sul lavoro. Questa autodifesa, proteggendoci dalla visione triste che la nostra società ha dell’invecchiamento, e dando una visone più ottimistica del nostro futuro, potrebbe spiegare alcuni dei benefici che, il fatto di sentirsi più giovani, ha sulla salute . Secondo Stephan i medici dovrebbero chiedere ai loro pazienti la loro età soggettiva per identificare le persone che sono più a rischio di problemi di salute futura, per poter così pianificare meglio l’assistenza sanitaria.
https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/18_luglio_20/eta-percepita-ha-piu-valore-dell-eta-anagrafica-futuro-salute-ea25907e-8bed-11e8-8b01-1b79734b0f48.shtml
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