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1° Agosto 2023 - Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

1° AGOSTO 2023 - SANT' ALFONSO MARIA DE LIGUORI
Oggi - 1° agosto 2023 - martedì della XVII settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la memoria obbligatoria di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa. Alfonso, Maria, Antonio, Giovanni, Francesco, Cosimo, Damiano, Michelangelo, Gasparro, questi i suoi ben nove nomi ricevuti al battesimo, ma chiamato solo con i primi due, nacque il 27 settembre 1696 a Marianella, piccolo centro poco a nord di Napoli capitale dell’omonimo Regno (oggi quartiere della periferia settentrionale di Napoli, capoluogo della regione Campania). Era figlio primogenito di don Giuseppe de’ Liguori e di donna Caterina Anna Cavalieri, nobili partenopei col titolo di “cavalieri”, che a Marianella possedevano una villa destinata a residenza estiva. La loro casata, che da secoli si era distinta nelle armi, nella magistratura, negli alti gradi dell’amministrazione statale e nella Chiesa, dal quindicesimo secolo faceva parte della cosiddetta “Nobiltà di seggio” e “sedeva” (nel senso aveva sede), infatti, nella “piazza” (o “sedile” o “seggio”) di Portanova, uno dei sei consigli di quartiere che si spartivano per diritto ereditario il governo della capitale. Alla nascita di Alfonso, il sacerdote Gesuita Francesco de Gironimo (1642-1716), futuro santo, chiamato dai genitori a benedire il neonato, predendolo tra le braccia profetizzò che avrebbe avuto una lunga vita, che sarebbe diventato vescovo e che avrebbe fatto grandi cose per la Chiesa, tutte cose che puntualmente si verificheranno. Alla fine del settembre 1710, il giovane Alfonso, divenuto cavaliere a soli quattordici anni, prese posto nel così chiamato “Sedile” di Portanova accanto al padre don Giuseppe, che allora era il “Capitano a guerra”, cioè il comandante della guardia civica. Crescendo, ebbe modo di seguire un complesso ciclo di studi adeguato al suo lignaggio, che pose sempre più in luce tutte le sue belle qualità intellettive e spirituali. Fin da ragazzo, ebbe a cuore le sorti del più misero “popolino” cittadino, manifestando una grande carità. Intanto, essendo dotato di grande intelligenza e vasta cultura umanistica, giuridica, teologica e filosofica, a soli sedici anni divenne dottore in diritto civile ed ecclesiastico e, a venti, s’impose quale brillante avvocato nel foro napoletano, che prese a frequentare assiduamente e con successo. La svolta della sua vita arrivò nel 1723, quando la sconfitta in un’importante causa giuridica lo portò a una salutare crisi spirituale, facendolo riflettere sulla vanità delle cose del mondo e inducendolo a lasciare i tribunali per diventare sacerdote, seguendo quella vocazione che interiormente non lo aveva mai abbandonato sin da piccolo. Fu ordinato prete il 21 dicembre 1726 e, da subito, anziché rincorrere i prestigiosi incarichi ecclesiastici che la famiglia avrebbe potuto fargli ottenere facilmente, svolse il suo apostolato nei rioni più poveri della città, coadiuvato da altri sacerdoti e laici che condividevano la sua spiritualità. Perfetto organizzatore e buon evangelizzatore, si prodigò in un intenso apostolato nei quartieri degradati di Napoli, dove aveva organizzato, dal 1727, le “Cappelle serotine” (nel senso di “serali”), frequentate da artigiani e da “lazzari”, cioè dal popolo misero, che si radunava la sera, dopo il lavoro, per due ore di preghiera e catechismo. Queste “Cappelle” ebbero una rapida diffusione e divennero una scuola di educazione civile e morale. Anche se il contesto sociale e religioso dell’epoca di sant’Alfonso era ben diverso dal nostro, le “Cappelle serotine” appaiono ancora oggi un modello di azione missionaria cui ispirarsi per una “nuova evangelizzazione”, particolarmente delle “periferie esistenziali” e per costruire una convivenza umana più giusta, fraterna e solidale. Abile scrittore di cose religiose, mise mano a numerose opere letterarie di carattere spirituale, che raggiungeranno il bel numero di centoundici, divenendo talmente popolari da pervenire a un numero straordinario di edizioni stampate. Tuttavia, il maggior contributo di Alfonso alla spiritualità, alla cultura e alla Chiesa fu nel campo della riflessione teologico-morale, dove risaltò la sua teologia morale. Le sue meditazioni nascevano dalla propria esperienza pastorale, dalla capacità di risposta alle domande del popolo e dal contatto reale, diretto e quotidiano con i loro problemi. Si oppose al legalismo sterile che trascinava la teologia e rifiutò il rigorismo dell’epoca. Secondo Alfonso, questi erano cammini chiusi al Vangelo, poiché “Tale rigore mai è stato insegnato né praticato dalla Chiesa”. Egli seppe porre la riflessione teologica al servizio della grandezza della persona, della coscienza morale e della benignità evangelica. Con lo studio e in forza della sua esperienza, creò un nuovo sistema morale, fatto di equilibrio e prudenza, che fu seguito dai confessori e con il passare del tempo fu accolto dai vescovi e approvato dai papi, divenendo dottrina ufficiale della Chiesa. Nel 1730, Alfonso era esausto a causa del duro lavoro dedicato alle missioni popolari e i medici gli ordinarono di prendere un periodo di riposo. Con alcuni suoi compagni, pertanto, andò a Scala (Salerno), nella bella e salubre Costiera Amalfitana, dov’era il Santuario di Santa Maria dei Monti, luogo perfetto per riposare, pregare e contemplare. Tuttavia, il paesino di Scala voleva anche dire povertà e, infatti, sulle vicine montagne, vivevano alcuni pastori analfabeti e abbrutiti dalla fatica. Questi, essendo loro giunta la sua fama, vennero a chiedergli di essere istruiti su Cristo e il Vangelo. Il suo primo biografo narra che quando Alfonso lasciò Scala, parte del suo cuore rimase con quei miseri pastori e che pianse pensando a come poterli aiutare, fino a capire che doveva tornare sul posto. Certo, anche a Napoli c’era povertà, ma molti altri già si adoperavano per sconfiggerla, mentre, a Scala, i poveri erano soli, non avevano nessuno che potesse aiutarli ed erano totalmente abbandonati, dato che, all'epoca, pastori e contadini erano fra i gruppi più bistrattati della società. Alfonso scelse di stare dalla loro parte, di condividere la loro vita e di nutrirli abbondantemente della Parola Divina. Il 9 novembre 1732, a trentasei anni, nella sua amata Scala, Alfonso, dando sfogo alla sua chiamata, fondò così la “Congregazione del Santissimo Redentore” (i cui membri sono detti “Redentoristi”), per seguire l'esempio del Nostro Salvatore Gesù Cristo, annunciando la Buona Novella ai poveri, che erano serviti e aiutati. La Congregazione fu approvata nel 1749 da papa Benedetto XIV. Nel frattempo si era ormai distinto quale missionario poliedrico dalle indubbie capacità e dalle grandi intuizioni pastorali. L’annuncio della Parola di Dio “ai più abbandonati e privi d’aiuti spirituali” fu il suo carisma, la sua ragione d’essere. Fu sacerdote fervente dedito all’educazione religiosa, morale e civile del popolo napoletano e campano, scrittore fecondo di opere teologiche e ascetiche, ma anche pittore, poeta e musicista. Non bisogna scordare che fu lui a comporre a Nola (Napoli), nel dicembre 1754, il bellissimo canto religioso natalizio in dialetto napoletano “Quanno nascette Ninno” [“Quando nacque il bambino” (Gesù)], divenuto in seguito noto come “Tu scendi dalle stelle”. Oltre che come moralista, il Liguori esercitò la sua attività di scrittore quale maestro di spiritualità, giacché volle portare la vita cristiana al livello più alto, quello della santità. Al suo tempo, era opinione corrente che la santità fosse rivolta al clero, ai frati e alle monache, mentre per i laici bastava un sufficiente impegno religioso. A tale scopo scrisse libri di ascetica, di piccola mole ma ricchi di contenuto, nei quali sostiene che tutti sono chiamati alla santità, ognuno nel suo stato di vita. Erano libri che uscivano con ritmo ininterrotto dalla sua penna instancabile. Ricordiamo tra i tanti: “Visite al Santissimo Sacramento e a Maria Santissima”, “Del gran mezzo della preghiera”, “La Pratica di amare Gesù Cristo”, “Le glorie di Maria” e “Uniformità alla volontà di Dio”. Alfonso, grande amico del popolo e in modo particolare dei ceti più umili, che aveva iniziato la sua attività missionaria già da giovane laico, l’aveva continuata da presbitero compiendo innumerevoli missioni popolari a Napoli, nelle campagne e nei paesi rurali, la proseguì anche quando, nel 1762, fu nominato vescovo di Sant’Agata dei Goti, una cittadina in provincia di Benevento (al centro della regione Campania). Volle essere il rappresentante di Cristo e un vero Pastore del suo popolo, tanto da operare una riforma in tutti i settori della vita religiosa. Allo scopo, pretese dai sacerdoti santità di vita e zelo apostolico, fece predicare le missioni in tutte le parrocchie della diocesi, elevò il livello morale e scientifico del locale seminario, estirpò abusi e scandali, aiutò i poveri e i bisognosi e, in particolare, rivelò una carità eroica durante la carestia che negli anni 1763 e 1764 afflisse il Regno di Napoli. Ebbe un amore sincero e profondo per tutti, che fu l’anima del suo servizio pastorale, il segreto della sua riuscita. Alfonso fu un modello della vera figura del vescovo, rinnovando in pieno “secolo dei lumi” gli esempi di altezza spirituale e culturale e di attività apostolica dei primi Pastori. Rinunziò all’episcopato, per motivi di salute, nel 1775, all’età di settantanove anni, e si ritirò nella casa religiosa che la Congregazione da lui fondata aveva in Nocera dei Pagani (Salerno), dove continuò il suo compito missionario nel governo dei Redentoristi, nella pubblicazione di libri, nella preghiera e nel sacrificio. Morì in tale casa il 1° agosto 1787, a novantuno anni di età e fu ivi inumato. Oggi il suo corpo riposa in un'urna all'interno della basilica pontificia di Pagani a lui intitolata. Fu canonizzato da papa Gregorio XVI il 26 maggio 1839. Il 23 marzo 1871 il pontefice Beato Pio IX lo dichiarò Dottore della Chiesa e, il 26 aprile 1950 il Venerabile Pio XII lo proclamò Patrono dei confessori e dei moralisti.
Roberto Moggi
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