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30 Giugno 2023 - Santi Primi Martiri della Chiesa di Roma

30 GIUGNO 2023 - SANTI PRIMI MARTIRI DELLA CHIESA DI ROMA
Oggi - 30 giugno 2023 - venerdì della XII settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la memoria facoltativa dei Santi Primi Martiri (o Protomartiri) della Chiesa di Roma (obbligatoria in questa diocesi). Questa ricorrenza, collocata il giorno dopo la solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, commemora e onora i moltissimi cristiani della Città Eterna, i cui nomi sono per lo più noti solo a Dio, che offrirono la propria vita per il Signore, spesso torturati e uccisi con inenarrabili supplizi, durante la prima persecuzione contro di essi, scatenata dall’imperatore Nerone (regnante dal 54 al 68) nell’anno 64. Fino a questa data, i cristiani dell’Urbe avevano vissuto relativamente in pace, pur invisi alle autorità e alla maggior parte del popolo pagano, ma il terribile incendio scoppiato nella notte tra il 18 e 19 luglio del 64, che devastò la metropoli, cambiò radicalmente la situazione. L'immane rogo cominciò nella zona del Circo Massimo e infuriò per ben sei giorni, propagandosi in quasi tutta la città, poi continuò per altri tre nel solo Campo Marzio, prima che, il 27 luglio, le fiamme fossero definitivamente spente. Delle quattordici regioni (quartieri) che componevano la città, tre furono totalmente distrutte, mentre in altre sette rimanevano solo pochi ruderi anneriti dal fumo. I morti furono migliaia, molti di più gli infortunati e gli ammalati e più di duecentomila i senzatetto. Numerosi edifici pubblici e monumenti andarono distrutti, insieme a circa quattromila “insulae” (“isole”, in altre parole agglomerati di case popolari) e centotrentadue “domus” (“case”, nel senso di ville). Subito dopo, crebbe a dismisura la tensione e il malcontento tra la cittadinanza, in cerca di un colpevole a ogni costo, tanto da far temere una sollevazione popolare contro il potere costituito. Pertanto gli storici ritengono probabile - poiché tra il popolo si erano insinuati forti sospetti che il rogo fosse stato voluto e forse appiccato proprio da Nerone - che questi abbia fatto ricadere la colpa - volutamente quanto ingiustamente - sulla comunità cristiana, del tutto innocente ma, come detto, invisa alla grande maggioranza del popolo pagano, quale ideale “capro espiatorio”. Al riguardo, riferisce lo storico, oratore e senatore Tacito (circa 55-120) nei suoi “Annales” (Annali), opera storica che copre i regni dei quattro imperatori romani succeduti ad Augusto, ma di cui le parti giunte fino ai nostri giorni riguardano solo Tiberio e Nerone: “… Perciò, per far cessare tale diceria (che l’autore dell’incendio fosse stato proprio lui, N.d.R.), Nerone s’inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che il volgo, detestandoli per le loro "nefandezze", chiamava cristiani. Origine di questo nome era Cristo …”. Ai fedeli di Gesù, infatti, erano attribuite ipotetiche “nefandezze”, consistenti nel loro semplice rifiuto ad adorare le divinità pagane ed erano perciò considerati atei. Lo scrittore, filosofo e apologeta cristiano Tertulliano (160-220), scriverà al riguardo che: “… i pagani attribuiscono ai cristiani ogni pubblica calamità, ogni flagello …”. Tacito racconta ancora le “pene raffinatissime” cui erano condannati gli innocenti cristiani: “… A quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, crocefissi, oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone, per accaparrarsi la simpatia del popolo pagano, aveva offerto i suoi giardini per tale scopo e celebrava anche giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio …”. Nerone era probabilmente un pazzo, di quelli più sanguinari e megalomani. Nell’ordinare la riedificazione della città, si fece costruire l’immensa Domus Aurea e quando fu pronta, secondo lo storico e biografo Svetonio, affermò di poter finalmente vivere “come un essere umano”. Anche San Clemente (morto nel 100 circa), terzo successore di San Pietro alla sede pontificia, riferisce che molte esecuzioni avvennero nei giardini sul colle Vaticano, dove sorgeva il circo di Nerone. Le mostruose e irrefrenabili brutalità contro i seguaci di Gesù, finirono tuttavia per suscitare dei sentimenti di compassione in buona parte del popolo, come scrive sempre Tacito: “… Benché si trattasse di rei, meritevoli di pene severissime (secondo la visione del popolino, N.d.R.), nasceva un senso di pietà, poiché erano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo …”, appunto Nerone. Sotto questa viva impressione popolare, l’imperatore, timoroso di perdere il consenso della plebe, attenuò la sua ferocia, preferendo perlopiù condannare i cristiani ai lavori pubblici necessari a riedificare Roma, anche se, la prima ondata di persecuzioni imperiali si arrestò del tutto solo con la morte di Nerone, nel 68, non molto dopo il martirio dei santi apostoli Pietro e Paolo. Si ha la certezza che i due siano stati entrambi martirizzati per volere di Nerone e che Pietro sia stato crocefisso a testa in giù, mentre Paolo decapitato, tra il 64 e il 67. Non si ha, però conferma che questi due eventi siano accaduti lo stesso giorno e lo stesso anno. Tra coloro che provvidero alla sepoltura dei due apostoli, vi furono le Sante Basilissa e Anastasia, che poi subirono a loro volta il martirio, congiuntamente, nel 68. I loro nomi, tra la vasta schiera di martiri di quel tempo, sono tra i pochissimi a essere conosciuti (insieme ai santi Edisto, Martiniano, Processo e Torpè, quest’ultimo martirizzato nei pressi di Pisa). Presumibilmente è a loro che si riferiva il Martirologio Geronimiano, che, alla data del 29 giugno ricordava, per Roma, un gruppo di moltissimi martiri anonimi. È possibile che le loro reliquie siano state riunite in sepolcri comuni, i “poliandri” di cui parla Prudenzio in uno degli inni del suo “Peristephanon”, dove spesso si annotava il numero dei martiri senza scrivervi i nomi che “solo Gesù Cristo conosce”.
Roberto Moggi
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