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26 Febbraio 2023 - Sant’Alessandro di Alessandria

26 FEBBRAIO 2023 - SANT' ALESSANDRO DI ALESSANDRIA
Oggi - 26 febbraio 2023 - I domenica del tempo di Quaresima, Pasqua settimanale che ha la precedenza sulle altre celebrazioni, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, Sant’Alessandro di Alessandria, patriarca. Di Alexandros o Alexander (Alessandro), questo il suo nome rispettivamente in greco e in latino, si conosce poco. Nacque nel 250 circa nella Provincia Imperiale Romana dell’Egitto, probabilmente nel capoluogo Alessandria (nota anche con la specificazione “d’Egitto”), grande metropoli portuale multietnica e multiculturale sul mare Mediterraneo, dove la cultura ellenistica era dominante. Divenuto verosimilmente presbitero nella sua città, nel 313 fu eletto VII patriarca della Chiesa locale, scegliendo come proprio segretario personale il discepolo Atanasio (295-373), campione dell’ortodossia e futuro santo, che alla sua morte gli succederà. Agli inizi del suo ministero, dovette affrontare le ultime vampate del fuoco divorante delle sanguinose persecuzioni contro i cristiani indette dagli imperatori Galerio (dal 305 al 311 circa) e Massimino Daia (dal 310 al 313 circa), che misero per l'ennesima volta a dura prova il cristianesimo in Egitto. Alessandro, tuttavia, è ricordato soprattutto per il grande ruolo avuto nel contrasto dell’eresiarca Ario (256-336), il quale, pur ammettendo che Gesù fosse di sostanza simile al Padre, riteneva che questi avesse iniziato a esistere solo nel momento in cui era stato generato, sostenendo in pratica che la sua natura divina fosse inferiore a quella di Dio. In tale disputa teologica, dopo una fase iniziale nella quale fu conciliante con Ario, si oppose efficacemente alla dottrina eretica, in modo sempre più efficace. Infatti, il conflitto con Ario era divenuto sempre più aspro, anche perché a questo - che a un certo punto riuscì a farsi consacrare presbitero - era stata assegnata la più antica chiesa cittadina, dandogli così modo di creare una cospicua comunità di seguaci. L’equilibrio divenne insostenibile quando Ario predicò, in un sermone, la personale dottrina sul “Dio Uno e Trino”, che l’eretico rifiutava di riconoscere, negando, di fatto, la divinità di Cristo. Ario arrivò ad attaccarlo pubblicamente, con l’appoggio di un gruppo di chierici che era riuscito a traviare, con la falsa accusa di essere caduto negli errori del Sabellianismo, orientamento teologico cristiano di cui fu protagonista Sabellio, poi condannato come eretico, agli inizî del III secolo. Per difendersi, Alessandro convocò due assemblee di diaconi e presbiteri, senza riuscire tuttavia ad arginare l’arianesimo. Nel 320 riunì un sinodo, in cui trentasei sacerdoti e quarantaquattro diaconi, tra i quali figurava il fido Atanasio, firmarono un documento di condanna dell’eresia, anche se Ario perseverò nei suoi errori, rendendo concreto il pericolo di uno scisma. Nel 321, però, le sue eresie furono poste sotto anatema durante il Concilio della Chiesa egiziana, convocato dallo stesso Alessandro. Ario fu così costretto ad abbandonare l’Egitto. Ebbe, però il sostegno di un suo seguace vicino alla corte imperiale in Oriente, il vescovo Eusebio di Nicomedia (IV secolo-341 circa), conosciuto perché avrebbe battezzato l'Imperatore Costantino I (dal 306 al 337). Questo suo partigiano, molto potente, gli consentì di spargere ancora l’eresia, mentre i suoi seguaci ad Alessandria iniziavano una serie di azioni violente. Alessandro scrisse allora una toccante lettera rivolta a tutti i vescovi della cristianità, per informarli dei pericoli derivanti dalla diffusione del movimento ariano. Poi, su consiglio del suo segretario Atanasio, preparò una professione di fede, firmata da circa duecentocinquanta Pastori orientali, mentre si manteneva in contatto epistolare con papa Silvestro (dal 314 al 335) e il vescovo di Gerusalemme Macario (dal 312 al 334 circa), entrambi futuri santi. La disputa sull’arianesimo divenne così seria che l’imperatore Costantino, preoccupato, pur non comprendendo la portata teologica della questione, decise di occuparsene, sperando di ristabilire la pace religiosa nell’Impero e raggiungere l'unità dogmatica minata, oltre che in particolare proprio dalla disputa sull'Arianesimo, anche da varie altre controversie. Costantino scrisse prima una lettera ad Ario e Atanasio e poi, in assenza di utili risultati, convocò a Nicea, nel 325, il primo concilio ecumenico della storia, tenuto in quell’antica città della Bitinia (oggi Iznik, nella parte nord-orientale della Turchia asiatica), non troppo lontana dalla nuova capitale Costantinopoli. Alessandro vi andò con un gruppo comprendente il fedele Atanasio, che agì da suo portavoce. Al concilio fu ripetuta ed estesa a tutta la chiesa, la condanna dell’arianesimo e fu formulato il “Simbolo Niceno”, detto anche “Simbolo Niceno-Costantinopolitano” o “Credo Niceno-Costantinopolitano”, formula di fede concernente l’unicità di Dio, alla natura di Gesù e, implicitamente, pur senza usare il termine, alla Trinità delle Persone Divine. I Padri conciliari, inoltre, sostennero Alessandro anche nella controversia “Meleziana”, generata da Melezio di Nicopoli, che aveva ordinato illegittimamente membri del clero fuori dalla sua diocesi. Alessandro, Pastore tenuto nella massima considerazione dal popolo e dal clero, magnificente, liberale, eloquente, amante di Dio e dell'uomo, quanto dedito ai poveri e al bene verso tutti, morì tra il 326 e il 328 circa, probabilmente nella sua Alessandria. Egli scrisse settanta lettere, oggi perdute ad eccezione di due, entrambe relative alla questione di Ario: una indirizzata al clero delle varie Chiese cattoliche dei suoi tempi, del 319 circa, e un’altra ad Alessandro vescovo di Bisanzio, scritta intorno al 324. È sopravvissuto, inoltre, un suo discorso completo (un sermone) scritto in siriaco e in copto, dal titolo latino “De anima et corpore deque passione Domini” (Dell'anima e del corpo, e quindi della Passione del Signore), che tratta del rapporto tra anima e corpo e della necessità della passione di Gesù. Altri discorsi autentici sono giunti solo in forma frammentaria.
Roberto Moggi
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