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200821 - Coltiviamo la propensione al cambiamento


TCNCH - 200821

COLTIVIAMO LA PROPENSIONE AL CAMBIAMENTO

La dittatura delle abitudini ci fa vivere come sudditi che sono incapaci di cambiare tutto ciò che limita la propria libertà.
Coltiviamo la propensione al cambiamento, per essere pronti ad accettarlo con calma, serenità e determinazione quando si presenta inaspettato.
Trincerarsi dietro certezze inoppugnabili e abitudini inderogabili, ci fa relegare in vicoli chiusi, privandoci delle alternative più opportune per affrontare eventi che non possiamo evitare.
Esaminiamo il nostro modo di comportarci e quello che ci aspettiamo nelle circostanze più banali.
Andiamo in bestia se qualcuno ci cambia la disposizione di qualche oggetto, se non si rispetta l'orario del pranzo o della cena o qualsiasi altra cosa che riteniamo si debba fare solo in un certo modo?
Osservando la routine delle nostre abitudini nei più piccoli fatti giornalieri, se riusciamo a farlo con un minimo di obiettività, siamo in grado di mettere in luce la fragilità che ci affliggerebbe in circostanze fuori della norma.
Affrontare eventi inaspettati e dolorosi non è facile, ma se non siamo abituati a coltivare l'elasticità mentale e la preparazione ad affrontare qualsiasi cambiamento, la vita ci si presenterà nei suoi aspetti peggiori.

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Iole Barberis
Lo farò leggere a chi dico io ...
Riccardo Meda
Iole Barberis e io me lo immagino. 
Filomena Tonietti
Siamo talmente legati alle nostre abitudini quotidiane che ogni piccolo cambiamento ci destabilizza. D'altronde la pratica dell'elasticità mentale ci è talmente sconosciuta che abituarci risulta davvero difficile, quanto agli eventi imprevedibili che la vita può riservarci, li affronteremo al momento, magari con più fatica
Riccardo Meda
Filomena Tonietti Ha colto il nocciolo del problema e ciò che ho inteso nell'affrontare l'argomento. La ringrazio per il suo contributo. 
Elisa Di Virgilio
E' tutto vero ! Siamo legati a tali abitudini che con il tempo,sono diventate ossessioni.... e mi ci metto anche io..
Riccardo Meda
Elisa Di Virgilio non si preoccupi, andiamo a braccetto. 
Giulia Parola
Persona super attiva
Buon pomeriggio gruppo
Se facessi sempre le stesse cose.andrei in depressione totale; i cambiamenti mi aiutano a guardare in avanti e a sperare,nonostante tutto in un futuro migliore.
Giulia Parola un ottima predisposizione ad affrontare la vita.
Cristina Richeri
Come affermò Eraclito, quasi due millenni e mezzo fa, tutte le cose fluiscono costantemente, nulla rimane lo stesso nell’universo, ma tutto cambia istante dopo istante, come la corrente di un fiume impetuoso. Al contrario di quello che suggeriscono i nostri sensi, nulla è immutabile. Inoltre, principio fondamentale del Buddismo è che l’aggrapparsi all’illusione della permanenza è causa di sofferenza per lo spirito umano.
L’ATTACCAMENTO AL TRANSITORIO
La speranza della permanenza è soltanto umana. Tutti noi desideriamo che la bellezza e la gioventù durino per sempre. Nell’accumulare cose materiali, alimentiamo la fiducia che qualsiasi ricchezza possiamo raggiungere durerà per sempre. Tuttavia, ci rendiamo conto che, per quanto ci impegniamo e per quanto cresca il nostro conto in banca, non potremo, come si dice, portarcelo con noi. Coscienti di ciò, continuiamo a sforzarci per godere dei benefici dei nostri guadagni e, naturalmente, vogliamo goderne il più possibile. Questa è una fonte di sofferenza; non possiamo mantenere i frutti del nostro lavoro per sempre. Lo stesso è vero per le relazioni umane. Non importa quanto grande sia stato l’amore che abbiamo provato o quanto abbiamo desiderato che durasse, il momento della separazione verrà inevitabilmente. La perdita di chi si ama – marito, moglie, genitore, figlio, amico – è causa del più grande dolore spirituale che siamo chiamati ad affrontare. L’attaccamento alle persone porta alla sofferenza; l’attaccamento alle cose e al desiderio avido di oggetti può essere fonte di conflitto; l’attaccamento al potere si manifesta con la guerra. Troppo attaccamento alla propria vita può far percorrere la china discendente verso la palude della preoccupazione e della paura. La maggior parte di noi, in concreto, non si preoccupa continuamente dell’imminenza della morte. Al contrario, portiamo avanti i nostri affari nel quotidiano più o meno convinti che continueremo a vivere per un tempo indefinito. Ci sono persone che, comunque, non riescono ad assumere questo tipo di atteggiamento ottimistico, ma cieco. Possedute da un desiderio frenetico di restare vive il più a lungo possibile, si fanno consumare dalla paura della morte, della vecchiaia e della malattia.
A dispetto di quanto facciamo, l’esistenza umana è soggetta a continui cambiamenti. I nostri stessi corpi, che rappresentano la manifestazione fisica dell’incessante trasformazione dell’universo, un giorno o l’altro dovranno morire. Al fine di vivere in modo sano, con significato, occorre affrontare il nostro destino con serenità e senza paura. In termini buddisti, il cammino verso l’illuminazione non può essere percorso senza accettare il cambiamento costante che avviene nell’universo.
Ma sarebbe sbagliato rifiutare del tutto l’utilità dell’attaccamento alle cose, sebbene esse siano impermanenti. Fino a quando siamo vivi, e per la nostra stessa umanità, è naturale che lottiamo per preservare la nostra vita, apprezzare l’amore degli altri e godere dei benefici di questa nostra terra. In alcuni luoghi e in determinati periodi, gli insegnamenti buddisti sono stati intesi come diretti verso il distacco da ogni legame con le passioni e i desideri mondani. Essi sono stati considerati anche in contrapposizione, o perlomeno un ostacolo, al progresso della civiltà.
Il Buddismo, in effetti, si è diffuso profondamente nella cultura e nella psiche giapponese. Può darsi che il mancato sviluppo tecnologico in alcuni paesi buddisti possa essere attribuito, in parte, alla dottrina della transitorietà; ma questo è, comunque, solo un aspetto di tale filosofia. Gli insegnamenti buddisti fondamentali non esortano al distacco dai desideri terreni o all’isolamento da tutti gli attaccamenti. Essi non predicano né la rassegnazione né il nichilismo. Al centro di questa filosofia vi è l’insegnamento della Legge immutabile, l’esistenza fondamentale, l’essenza inalterabile, sottostante la transitorietà della realtà, che unifica e armonizza tutte le cose e genera i desideri e gli attaccamenti pertinenti alla vita umana.
In ognuno di noi c’è un piccolo io e un grande io. Quando si è accecati dalle circostanze contingenti e torturati da desideri smodati, si sta vivendo solo per il piccolo io. Dedicare l’esistenza al grande io significa riconoscere il principio che si cela dietro tutte le cose e, illuminati a questa verità, trascendere la transitorietà di tutti i fenomeni del mondo.
(tratto da - Una forte individualità, Istituto Buddista Soka Gakkai)
Iole Barberis
Cristina Richeri interessantissimo, ci dovevi fare un post 😁
Iole Barberis esattamente, vogliamo il post!
Un post che è rimasto in essere.
Da rileggere e meditarci sopra.
Iole Barberis
Mi sento abbastanza al sicuro dal pericolo di diventare abitudinaria, ho sempre avuto difficoltà a fare le cose sempre allo stesso modo...
D'altra parte però riconosco che essere metodici può semplificare la vita.
Riccardo Meda
Siamo sicuri che essere metodici può semplificare la vita?
Oppure che il metodico, coerente e sistematico in ogni sua azione, riesce a complicarsi la vita, cercando di semplificarla, reagendo negativamente al più piccolo cambiamento che stravolga le sue abitudini, rispetto al volubile e incostante, propenso ad affrontare, con una differente elasticità mentale, qualsiasi variazione o rinnovamento dell'abituale vita quotidiana?
Due estremi tra i quali destreggiarsi, per chi ci riesce, attenendosi all'aurea via di mezzo che non sempre si dimostra semplice.
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