Il Blog dello Psicologo
LO SAPEVI CHE?
Un bias cognitivo ci porta a supporre erroneamente che la felicità generata dall’acquisto di un oggetto sia duratura tanto quanto l’oggetto stesso.
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Sarebbero almeno tre le motivazioni:
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ABITUDINE: I beni materiali esauriscono presto il loro “effetto novità” perdendo il loro potere attrattivo nella consuetudine della vita quotidiana;
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ASPETTATIVE: L’acquisto di beni materiali genera altre aspettative che ci spingono a comprare nuovi oggetti migliori di quelli già posseduti;
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CONFRONTI: Il possesso induce il confronto con quello altrui. In generale si tende a spostare l’attenzione su beni materiali altrui qualitativamente superiori ai propri.
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Le esperienze, per quanto brevi, offrirebbero invece una felicità più duratura.
Per 4 motivi:
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INTEGRAZIONE IDENTITARIA: Le esperienze diventano parte della propria identità. Non si è i propri beni, ma si è l’accumulo di tutto ciò che si è visto, delle cose che sono state fatte e dei posti in cui si è stati. Un nuovo bene materiale non cambierà chi si è, un viaggio ad esempio, con le sue esperienze, ha più probabilità di farlo;
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ASSENZA DI CONFRONTO: La difficoltà a quantificare il valore relativo di due esperienze rende inutile il loro confronto. Non si paragonano esperienze nello stesso modo in cui si confrontano i beni materiali.
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IL POTERE DELL’ATTESA: L’attesa di una nuova esperienza genera eccitazione e divertimento mentre quella per un bene materiale impazienza.
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IL POTERE DELLA FUGACITÀ: La fugacità di un’esperienza porta ad apprezzarne maggiormente il valore rispetto a tutto ciò che ha una durata illimitata o protratta nel tempo.
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Mi permetto una considerazione che forse apparirà piuttosto elementare.
Una delle insane abitudini dei giorni nostri è quella di cercare la gratificazione uscendo a far compere, attività che piace tanto definire shopping, non perché si abbia un giustificato bisogno di un capo di abbigliamento, di un paio di scarpe o di un nuovo smartphone, quanto l'appagamento temporaneo, che spesso è limitato all'esiguo momento dell'acquisto, ma non appaga un'insoddisfazione esistenziale sempre latente in chi identifica la soddisfazione nell'accumulo di beni materiali, che possono soddisfare la sua abitudine di non apprezzare, e tanto meno cercare, un appagamento intellettuale in nuove esperienze, che già possono essere aumentate dall'amore per la lettura o nel perfezionare le proprie cognizioni culturali, etc., quanto quello basato sull'essere rappresentato dall'ostentazione di ciò che possiede.
Un interrogativo che può sorgere al riguardo, rispetto a quest'epoca, in cui la soglia di povertà è stata raggiunta anche da famiglie che, fino a qualche tempo fa, riuscivano a condurre una vita più o meno dignitosa, suggerire, come passatempo, a chi non ha problemi di penuria di denaro, di provare a divertirsi facendo donazioni a enti di beneficenza, a parrocchie, etc. potrebbe suscitare una reazione positiva?
Quanti hanno capito che, rispetto a spendere a piene mani per acquistare e quindi appropriarsi di un qualsiasi bene, è donare che ci arricchisce veramente? Una ricchezza che nessuno ci potrà rubare.
Se resteremo scettici, non rischieremo delusioni.
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