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24 Luglio 2023 - San Charbel Makhluf

24 LUGLIO 2023 - SAN CHARBEL MAKHLUF Oggi - 24 luglio 2023 - lunedì della XVI settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di San Charbel Makhluf, sacerdote. Youssef Antoun (Giuseppe Antonio), questi i suoi nomi di battesimo nella natia lingua araba libanese, nacque nel 1828, probabilmente l’8 maggio, nel villaggio di Beqaa Kafra, nel nord del Libano appartenente dell’Impero Ottomano (oggi omonima repubblica del Medio Oriente). I suoi genitori, Antoun Zaarour Makhlouf e Brigita Chidiac, erano due poveri contadini fervorosi cristiano-maroniti, che gli diedero due fratelli, Hanna e Bechara, e due sorelle, Kawn e Warde. La Chiesa cristiana maronita, all’epoca diffusa in tutto il Libano, prende il nome dal suo fondatore, San Marone (morto nel 410), asceta siriaco amico di San Giovanni Crisostomo, che la istituì in quella terra nel IV secolo. E’ in piena comunione con la Chiesa cattolica, pur conservando le proprie tradizioni orientali in merito alla spiritualità, alla liturgia, a qualche sottolineatura teologica, alla normativa canonica e a quella disciplinare, tanto è vero che i suoi sacerdoti si possono sposare. Riti e liturgia derivano dalla tradizione dell’antica Chiesa di Antiochia (o “Antiochena”), fondata da San Pietro Apostolo. La lingua liturgica tuttora adottata è il siriaco, idiona che nell’uso comune quotidiano è praticamente scomparso. Quella maronita è l'unica Chiesa d'oriente rimasta sempre fedele alla Sede Apostolica romana, ma conserva un elemento di autonomia, come le altre chiese cattoliche orientali patriarcali, poiché il Patriarca viene eletto dal locale sinodo dei vescovi, e solo dopo l'elezione fa professione di comunione con il Pontefice romano. Youssef Antoun ricevette una buona educazione cristiana in questa Chiesa e, sin dall’infanzia, si mostrò assiduo alla preghiera e attratto dalla vita monastica ed eremitica, sull’esempio dei suoi due zii materni, monaci che vivevano nell’eremo libanese di Sant’Antonio-Qozhaya, dai quali apprese l’esercizio delle virtù. Rimasto orfano di padre l’8 agosto 1831, quando aveva poco più di tre anni, fu cresciuto dalla madre, che sposò più tardi, in seconde nozze, Lahoud Ibrahim, futuro curato della parrocchia del suo villaggio natio. Alla scuola del paese, Youssef studiò l’arabo e il siriaco, senza mai smettere di frequentare la chiesa, vivendo in modo talmente pio che i compaesani lo chiamavano “il Santo”. Portava a pascolare il piccolo gregge di famiglia tutti i giorni sulle moontagne, recandosi sempre in una grotta della zona, dove pregava in ginocchio davanti a un’immagine della Santa Vergine. L’antro si trasformerà poi, da luogo appartato di preghiera e suo primo eremo, in un santuario e luogo di pellegrinaggio per centinaia di fedeli. Un mattino del 1851, Youssef lasciò la propria casa e si presentò al monastero maronita di Nostra Signora di Mayfouq, nella regione di Byblos, sulla costa mediterranea al centro del Libano. Aveva l’intenzione di farsi monaco nell’Ordine Libanese Maronita che reggeva il convento, il più antico della Chiesa cattolica di rito maronita, fondato da tre monaci di Aleppo, in Siria, il 10 novembre del 1695. In questo monastero, Youssef Antoun fu accettato e vi trascorse il primo periodo di noviziato, fino a vestirne, nel novembre dello stesso anno, l’abito religioso. L’anno successivo si trasferì nel convento di San Marone ad Annaya, nella medesima zona, dove il 1° novembre 1853 entrò formalmente nell’Ordine Maronita pronunciando i voti d’obbedienza, castità e povertà ed assumendo il nome religioso di Charbel, quello di un martire della Chiesa di Antiochia del II secolo. Continuò comunque gli studi teologici nel monastero dei Santi Cipriano e Giustina a Kfifane, leggermente nell’entroterra, avendo per maestro il futuro santo Nimatullah Kassab Al-Hardini (1808-1858), che fin da allora costituiva un ideale per ogni fedele e rappresentava l’immagine vivente dei grandi monaci santi. Infine, il 23 luglio 1859, fu ordinato sacerdote nella cittadina di Bkerke, sempre nel retroterra del centro libanese. Da sacerdote, Padre Charbel visse sedici anni nel monastero di San Marone ad Annaya, nell’obbedienza ai superiori e nella stretta osservanza delle regole monastiche. Si imponeva una vita d’ascesi e di mortificazione, distaccandosi dalle cose mondane e materiali, al servizio del Signore e votato alla salvezza delle anime. All’inizio del 1875, Charbel ebbe l’ispirazione di ritirarsi nell’eremo dei Santi Pietro e Paolo, annesso allo stesso monastero di San Marone, ma il Padre Superiore era alquanto dubbioso di concedergli l’autorizzazione, trattandosi d’uno stile di vita particolarmente rigoroso. Tuttavia, mentre quest’ultimo era in preda all’incertezza, venne a risolvere la situazione un segno dal cielo. Una notte Charbel aveva chiesto ad un confratello di mettere dell’olio nella sua lucerna vuota, per consentirgli di pregare, ma questi vi mise invece dell’acqua. Nonostante ciò, la lucerna si accese lo stesso, come fosse colma di ottimo olio. Fu questo il primo miracolo di Charbel, che permise la sua partenza per l’eremo tanto desiderato, dove giunse definitivamente Il 15 febbraio 1875. Qui, quale eremita ideale, consacrava il suo tempo al silenzio, alla preghiera, al culto e al lavoro nei campi. Non lasciava l’eremo che per ordine del suo superiore e vi viveva alla maniera dei santi Padri eremiti, quasi sempre inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento, pregando con fervore e trovando la sua delizia nella preghiera durante intere notti. Vi trascorse così ben ventitré anni, servendo il Signore ed osservando scrupolosamente e coscienziosamente le regole della vita eremitica. Il 16 dicembre 1898, mentre celebrava la messa, fu improvvisamente colpito da un’emiplegia (paralisi d’una metà del corpo) ed entrò in un’agonia che si rivelò lunga otto giorni, durante i quali restò sempre lucido e mantenne la tranquillità, malgrado le gravi sofferenze. Nell’agonia Charbel non cessava di ripetere la preghiera che non aveva potuto concludere durante la messa: “… Padre della verità, ecco il Tuo Figlio che si offre in sacrificio per darti soddisfazione …”. Ripeteva ugualmente i nomi di Gesù, Maria, Giuseppe, nonchè Pietro e Paolo, Patroni dell’eremo. Il 24 dicembre 1898, vigilia di Natale, l’anima bella e pura di Charbel prese il volo, in tutta libertà, verso quel Dio che aveva tanto e sempre amato. Fu sepolto nel cimitero del monastero, ma, successivamente, luci soprannaturali che si sprigionavano dalla sua tomba, spinsero i superiori a trasferirne le spoglie, che trasudavano anche sudore e sangue, in una bara speciale, dopo aver ricevuto l’autorizzazione del Patriarcato Maronita e a collocarle in una nuova tomba all’interno del monastero. Da quel momento, folle di pellegrini che lo consideravano già santo cominciarono ad affluire in loco per sollecitarne l’intercessione, e molti fra loro ottenevano la guarigione ed altre grazie divine. Nel 1925, fu sottoposto al Papa Pio XI il suo processo di beatificazione e canonizzazione. Nel 1950, la sua tomba fu aperta in presenza di una commissione ufficiale di medici, che constatarono il buono stato delle spoglie, redigendo un rapporto. Le guarigioni di tutti i tipi si moltiplicarono allora in maniera improvvisa quanto incredibile e decine di migliaia di pellegrini, di tutte le confessioni, anche musulmani, affluivano al monastero di Annaya, per chiedere insistentemente la sua intercessione. Nel 1954, Papa Pio XII firmò l’approvazione per il suo processo di beatificazione. Il 5 dicembre 1965, il Pontefice San Paolo VI presiedette alla cerimonia di beatificazione, al momento della chiusura del Concilio Vaticano II. Nel 1975, lo stesso San Paolo VI firmò il riconoscimento del miracolo richiesto per proclamare la santità del Beato Charbel e, finalmente, la sua canonizzazione ebbe luogo con la cerimonia internazionale del 9 ottobre 1977. I miracoli di Charbel hanno oltrepassato le frontiere del Libano, ed un gran numero di lettere e di rapporti conservati nei registri del monastero di San Marone ad Annaya attestano chiaramente la diffusione della fama della sua santità nel mondo intero. Si tratta di un fenomeno unico, che ha operato un ritorno alla morale ed alla fede ed ha risvegliato le virtù negli spiriti, facendo della tomba di questo umile monaco un polo d’attrazione per tutti i fedeli di qualsiasi ceto sociale e qualunque età. Tutti sono uguali nel raccoglimento e nell’invocazione, a qualsiasi religione e confessione appartengano. Infatti, tutti sono chiamati figli di Dio. Le guarigioni fatte per sua intercessione, il cui ricordo è consegnato ai registri del monastero di San Marone, si contano a decine di migliaia. Vi si aggiungono quelle avvenute in ogni luogo nel mondo e che riguardano gente di tutte le etnie, religioni e confessioni, comprese il dieci per cento relativo a persone non battezzate. Esse sono state ottenute, naturalmente, per mezzo della preghiera e dell’invocazione, ma molto spesso anche per il semplice contato dell’olio e dell’incenso benedetti del monastero, delle foglie di quercia dell’eremo, della terra presa sulla sua tomba, o visitando la sua sepoltura e toccandone la porta, o per contatto con la sua immagine e la sua statua in loco. Alcune di queste guarigioni riguardano il corpo, ma le più importanti riguardano l’anima. Moltissimi peccatori hanno ritrovato Dio per intercessione di San Charbel, oltrepassando la soglia del monastero di San Marone o dell’eremo dei Santi Pietro e Paolo.
Roberto Moggi
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