Passa ai contenuti principali

220723 - Non temiamo una lunga longevità

TCNCH - 220723

Senza prefissarci alcun traguardo di longevità, non temiamo quelli che ipotizziamo di raggiungere.
Nei commenti al post #TCNCH - 220630,
due partecipanti hanno espresso un concetto che è comune a molte persone e una delle due ha scritto:
"Io fino a 150 anni non voglio vivere."
E io ho risposto che ci sono da fare delle riflessioni per focalizzare il diverso punto di vista che dovremmo avere sulla vita in generale e sulla sua durata in particolare.
Come già accennato, quello che io vorrei riuscire ad esporre, non è tanto il desiderare di vivere più a lungo della media di vita che consideriamo normale, che poi, rispetto alla varietà delle persone, diventa molto relativa, ma riuscire ad annullare la programmazione sulla durata della nostra vita che abbiamo nell'inconscio, come ho accennato nel post.
Intanto, a indurci a modificare le opinioni sull'anzianità e la durata della vita, che ci sono state inculcate dalle nostre esperienze, già contribuisce la realtà della nostra epoca.
Intanto ci dicono che i settantenni di oggi, per l'aspetto che hanno in media, sono simili ai cinquantenni del periodo intorno al 70.
Tutto questo si evidenzia se ci ricordiamo come da giovani vedevamo le persone oltre la mezz'età e come avendo raggiunto tale periodo della vita, la maggior parte di noi non riesce a identificarsi nei modelli dai quali è stato condizionato e basta guardarci allo specchio per vedere una fisionomia molto più giovane di quello che in gioventù ritenevamo che avrebbe assunto il nostro aspetto.
Quindi, già la realtà ci spinge a modificare le nostre convinzioni.
A differenziare la generazione della prima metà del 900 da quella successiva, hanno contribuito la diversa alimentazione, il progresso della medicina e anche nuovi modi di affrontare la vita.
Ora, riguardo alla frase abbastanza comune:
"Non ho alcuna voglia di vivere fino a x anni"
pensiamo a come inizia la Divina Commedia di Dante Alighieri, intorno al 1300,
"Nel mezzo del cammin di nostra vita..." ovvero, intorno ai 35 anni.
In quell'epoca la x della frase era rappresentata grosso modo dal numero 70, come il massimo degli anni che, in media, si potevano raggiungere, con i pochi che la raggiungevano, i pochissimi che la oltrepassavano e i più che passavano a miglior vita molto prima.
Se molti di quelli che fanno parte di questo gruppo, fossero trasportati in quell'epoca, sembrerebbero dei fenomeni viventi, non solo per le età, per alcuni molto maggiori dei 70 anni, ma anche per un aspetto giovanile che sbalordirebbe gli esseri viventi di quel tempo.
Quindi l'età immaginata in quel "non voglio vivere", si è spostata di almeno una ventina d'anni, come ho accennato con la differenza esistente tra noi e i nostri coetanei di cinquant'anni fa.
Riguardo ai fenomeni che concorrono a farci affermare di non voler vivere fino a una certa età, si va dagli stereotipi che ci presentano la vecchiaia uguale a perdita delle facoltà mentali, un esempio tra i tanti, il vecchietto rincitrullito che fa da spalla al protagonista in certi film western, agli spettacoli offerti da tutti quegli anziani che, accuditi nelle loro case o nelle RSA, sono incapaci di condurre un minimo di vita in modo autonomo e senza l'assistenza di terzi.
Ma pensiamo come avremmo vissuto, se in giovane età fossimo stati terrorizzati dagli spettacoli offerti dagli ospedali e dai centri oncologici, al punto di non riuscire a vivere con un minimo di serenità.
Abbiamo quindi realizzato che ci può risultare difficile cambiare opinione su qualsiasi fenomeno che cambia aspetto nel tempo, prima di riuscire ad accettarlo nella sua nuova evidenza.
Il detto famoso che recita "Gli stupidi sono pieni di certezze, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi" ci incoraggia ad abituarci a vedere la relatività in qualsiasi opinione o certezza che riteniamo di avere, considerandole sempre suscettibili di correzione e di miglioramento.
Senza indulgere in ipotesi, che lasciano il tempo che trovano, sullo stato con cui raggiungeremo qualsiasi età futura, applichiamoci nell'eliminare i modelli che ci sono stati inculcati sulla vecchiaia e sul modo di viverla.
Tra i fenomeni che rendono il nostro corpo una macchina meravigliosa, c'è la rigenerazione delle cellule che si completa intorno ai sette anni.
Come su tutte le funzioni del corpo, anche su tale rigenerazione influiscono le buone o le cattive abitudini di pensare, di alimentarsi e di come tenere il fisico in esercizio.
A chi non è successo di vedere persone molto più giovanili della loro età e altre soggette a un invecchiamento precoce?
Edgar Cayce ha affermato che la fine della vita è dovuta a una programmazione inconscia del nostro ego, della quale non ci rendiamo conto e che risulta difficile eliminare al sé raziocinante.
Un compito che può risultare avvincente, consiste nell'impegnarci a destrutturare tale condizionamento, senza tanto aspettarci di riuscirci, ma senza stabilire a priori che è impossibile, intanto realizzando che esiste, anche se ne ignoriamo il fine prefissato.
Quindi, per quanto riguarda il futuro, senza pensare di porci chissà quali traguardi, nella vita futura, e tanto meno temerli, l'imperativo che ci dobbiamo porre è "cambiare modo di pensare" e agire di conseguenza.
Disponiamo di un potenziale mentale che sfruttiamo al minimo e dobbiamo convincerci che abbiamo la capacità di migliorarlo, procedendo insieme per capire come fare.
Buon cambiamento a tutti.

Commenti

Post popolari in questo blog

4 Ottobre 2023 - San Francesco d’Assisi

4 OTTOBRE 2023 - SAN FRANCESCO D' ASSISI Oggi - 4 ottobre 2023 - mercoledì della XXVI settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la festa di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia. Giovanni, questo il suo nome di battesimo, nacque nel 1181 o 1182 nel libero comune di Assisi (oggi in provincia di Perugia, regione Umbria, al centro circa della Penisola Italiana), da Pietro Bernardone o Di Bernardone (casato cui alcuni studiosi aggiungono “Dei Moriconi”) e da madonna Pica, insigniti dei rispettivi titoli onorifici di “messere” e madonna” quali rappresentanti della borghesia emergente della città. Il padre, che grazie al commercio di stoffe e tessuti con la Francia aveva raggiunto prestigio e ricchezza, cominciò subito a chiamarlo con l’allora insolito soprannome di Francesco, proprio con riferimento al paese d’oltralpe commerciando col quale aveva fatto fortuna, che divenne il suo appellativo abituale [FF (“Fonti Francescane”) 1395]. Le Fonti e le varie agiografie non pa

Il vero viaggiatore non conosce la sua meta

Il vero viaggiatore non conosce la sua meta, perché il suo scopo non è arrivare Lao Tsu Il viaggio della vita, senza prefiggersi mete e né desiderare alcun arrivo, semplicemente godendo di tutte le trasformazioni del qui e adesso, coscienti che la mutazione è sempre in atto, sconvolgendo l'esistenza di chi si aggrappa a certezze, tanto desiderate perché rassicuranti, ma purtroppo sempre deludenti. Il traguardo della vita non è altro che un continuo cambiamento in atto, che sarà adeguato a quello che è realizzato nel percorso e che è da conseguire specialmente da chi teme la fine della vita, affinché realizzi che l'eternità dell'esistenza è al di là di qualsiasi soluzione di continuità, immaginata da chi vive una vita materiale, al di fuori di un minimo di spiritualità. Nella società in cui viviamo, ci infarciscono di cognizioni, ma non ci insegnano a imparare a vivere, affinché fin dalla prima giovinezza riusciamo a realizzare che la vita sulla terra non è che la preparazio

190830 - Liberi dalle aspettative

  TCNCH - 190830 I pensieri di una persona qualunque consapevole di esserlo specialmente rispetto al prossimo.   Non aspettarti dagli altri quello che tu faresti al loro posto. Non sei il metro del mondo   È possibile che siamo convinti di esprimerci con l'atteggiamento e le parole giuste verso gli altri e di non riceverne sempre il riscontro che riteniamo adeguato, ma spesso tendiamo a confondere quella che riteniamo sia la nostra sensibilità con le aspettative che consideriamo doverose da parte del prossimo verso di noi. Quindi, in tali casi, non si tratta tanto di sensibilità, quanto di un atteggiamento egoistico che pretende quello che ritiene dovuto in certe relazioni, che siano di parentela, di amicizia o altro. Cerchiamo di avere meno aspettative possibili dalla vita, dai doveri di famiglia, dal lavoro, dal prossimo e da qualsiasi altra cosa. Impariamo ad agire senza aspettarci ringraziamenti, encomi e riconoscenze. Se ci riusciremo, potremmo scoprire di esserci